Tra Re, Regine e morti ammazzati (XI)
Il commissario cade in trappola di Håcan Nesser, Guanda 2016.
La storia è sempre quella. C’è un assassino in giro che taglia le teste con una specie di machete in una cittadina come Kaalbringen: il Tagliateste. Poi ci sono quelli senza testa, un paio all’inizio e un altro più avanti. C’è la polizia che indaga, mettiamo con il commissario Van Veeteren che sbevazza volentieri insieme ad altri colleghi, tra cui una donna, con le loro problematiche di vita familiari o sentimentali. Poi ci si infila l’assassino e, senza farne il nome, naturalmente, lo si segue, per un po’, nei suoi incubi o deliri ricorrenti per vedere l’effetto che fa. Andando avanti si setaccia la vita dei morti ammazzati e tutta la città negli angoli più bui, si fanno interrogatori a non finire, si schiaffano in qua e là dubbi, assilli, tormenti, magari tra una partita e l’altra di scacchi per fare contento il sottoscritto, si crea un’atmosfera di panico in cui sguazza la cronaca cittadina, ci si infila un cretino che si autoaccusa e alla fine ecco il colpo a sorpresa uguale spiccicato ad altri millanta colpi a sorpresa che non fanno più sorpresa. Il tutto ben scritto, bene organizzato e ben risaputo.
Non se ne può più. Ma sarà la vecchiaia.
Detta la mia, veniamo agli scacchi.
Il commissario Bausen all’altro commissario (personaggio principale) Van Veeteren ““Tu giochi a scacchi?” domandò poi. Van Veeteren chiuse gli occhi beato. La ciliegina sulla torta.” (pag.74). In seguito abbiamo una partita con dialogo su un Alfiere messo nel posto sbagliato da V.V. Secondo Bausen avrebbe dovuto scegliere una Nimzoindiana ma il suo avversario non l’ha mai capita veramente. “Ti arrendi?” gli chiede l’amico. “No…ancora non sono finito… Tu non hai nessun vantaggio materiale.” “Non occorre, in questa situazione. Il pedone in h va in donna in tre, massimo quattro mosse.” Qui c’è lo squillo del telefono e, mentre Bausen si alza per rispondere, “Van Veeteren si protese sopra la scacchiera a studiare la situazione. Bausen aveva ragione. Il nero poteva costringere a cambiare sia le torri sia i pedoni centrali e poi il passaggio sulla linea h era libero. Il suo alfiere superstite era bloccato dietro i pedoni a fianco del Re. Aveva giocato male, dannatamente male. Poteva accettare una perdita con il nero, ma poiché avrebbe potuto scegliere un’apertura russa con pezzi bianchi, non c’erano scusanti.” La partita finisce, comunque, patta perché bisogna andare via alla svelta. Il Tagliateste ha colpito ancora. (pag.105). Altra partita pag.153. V.V. apre e4 accompagnato da un bel bicchiere di Pergaul dell’81. Questa volta è lui a vincere. “Hai giocato molto bene” disse Bausen. “strana apertura…non credo di averla mai vista prima.” “E’ una mia invenzione” disse Van Veeteren “Richiede una certa abilità e non funziona mai più di una volta con lo stesso avversario.”
Più avanti qualcosa frulla nella mente del Nostro “Qualcosa che anche Bausen aveva detto durante l’ultima partita a scacchi. Il commissario aveva spostato avanti un pedone, portandosi in vantaggio, benché fosse la mossa che Van Veeteren aveva previsto e si era augurato. Dopo avere acceso la pipa, aveva detto qualcosa. ” Qualcosa di molto vago che si era dissolta all’improvviso. (pag.181).
A proposito del già citato scrittore Håcan Nesser, in Il caso G di, Guanda 2015, troviamo sempre Van Veeteren che vive a Maardam (città immaginaria), ormai in pensione ma ancora fissato su un vecchio caso irrisolto. Copertina a colori da appassionato di scacchi. Cosa c’entrano? Il nostro commissario è abilissimo nel risolvere i “problemi” del “mirabil giuoco.” In pochi minuti ne risolve uno sul giornale del luogo. Citato in https://citascacchi.wordpress.com/.
In Finché morte non ci separi di Francesca Bertuzzi in Delitti di Capodanno, di AA.VV., Newton Compton 2015, Francesco e Cinzia, rinchiusi in un bunker sotterraneo…“Giochiamo a scacchi?”- “Certo, amore mio. Tutto quello che vuoi”. “Sorrido. Stefano prende la scacchiera, la porta in sala e posiziona i pezzi. Sorteggiamo. Io ho i neri. Una mossa indietro a Stefano. Gli scacchi sono un gioco interessante per più di una ragione. Rigore nella concentrazione, studio e analisi delle mosse dell’avversario. Ma soprattutto ti insegnano che ogni mossa decidi di fare non deve essere fine a se stessa. Per esempio, ora ho l’opportunità di mangiare con il mio cavallo il suo pedone, ma così facendo bloccherei la mia regina che è nella posizione del fianchetto. Se l’avversario non se ne accorge, la posizione del fianchetto, permette di dare scacco matto in poche mosse. Non avere fretta. Non essere ingorda. Questo è quello che mi piace degli scacchi. Devi pensare almeno cinque mosse avanti. Devi costruire un campo di battaglia favorevole alla conquista del re nemico. Applicando il gioco degli scacchi alla vita ho fatto un avanzamento di carriera. Ho sedotto gli uomini che volevo. Ho manipolato le situazioni a mio vantaggio. Una strategia è necessaria. Come posso spingere Stefano a non avere scelta che rivelarmi il codice? “Scacco matto”. Afferra la testa del re bianco fra l’indice e il pollice, il re vacilla e poi cade. Sconfitto.” (pag. 341). “Sorride. Stefano non vince mai a scacchi perché è ingordo. Si lascia distrarre dalla piccola preda e non si accorge mai che, dall’altra parte della scacchiera io sto puntando alla testa del re.” (pag.342). “
In Sherlock Holmes e gli omicidi del Boia di Dan Andriacco e Kieran McMullen, Mondadori 2016, Sherlock Holmes sta indagando sui sopracitati omicidi ma ci sono anche altri a perseguire l’intento. “Tuttavia sorrise. Con tutti quei pezzi sulla scacchiera, non serviva davvero un altro cavallo nella persona di Sherlock Holmes. Sarebbe stato più utile un modesto pedone, qualcuno di così irrilevante da non essere nemmeno percepito, e tuttavia in grado di arrivare alla regina.” (pag.97/98).
In La Brigata dei reietti di Sophie Hénnaf, Einaudi Stile Libero Big 2016, “Di primo pomeriggio, seduti su una panchina del parc Monceau, Evrard e Merlot erano occupati a tenere d’occhio un tossico. In realtà. Merlot si piccava di iniziare Evrard alle raffinatezze degli scacchi.” (92). Lei non lo ascolta, mentre il collega poliziotto “A quel punto muovo la torre, e indovini un po’ cosa si permette di ribattere lo sfacciato? Niente diagonale. Si rende conto? In pubblico!” Lei solo annuisce ritornando ad osservare il tossico. (93).
Scacchi a spillo di Claudio Mori, CM edizioni 2014. Qui una doverosa nota a chiare lettere. Ho copiato la seguente recensione e non ricordo dove! Me ne scuso con l’autore che può intervenire a precisare.
“Rodolfo Brancati era un chimico in pensione. Viveva con una domestica in una piccola tenuta di collina. Aveva chiuso con il passato. Il futuro non gl’interessava. Il suo tempo era scandito dal fallimentare tentativo di scrivere un racconto e da partite a scacchi per corrispondenza. Sapeva chi l’aveva ucciso.
Bello il titolo, bella la copertina, bello il racconto. Un racconto lungo che comincia con una scena da giallo di Agatha Christie: un uomo morto , sicuramente ammazzato ma non si sa come, in un ambiente di calda domesticità, con tanto di musica mozartiana di sottofondo.
Unico indizio il titolo di un romanzo, ancor tutto da scrivere, “Scacchi a spillo”. E da qui si dipana la breve storia del morto, Rodolfo, pre-pensionato causa crisi, che per scelta si è ritirato dalla vita cittadina – e dalla vita in genere – in una casa di campagna in totale isolamento, per dedicarsi ai suoi pensieri, ai suoi interessi, alla scrittura, ai suoi hobby, primo fra tutti quello degli scacchi.
Un’ inquietante partita per corrispondenza con un avversario misterioso scandisce i tempi della storia, in cui le tinte noir della vicenda si alternano a quelle poco più colorite dei ricordi, di persone, di amici che hanno segnano il passato e tratteggiano il presente del protagonista, creando un quadro di vita malinconico e inappagato.
Ed è quando Rodolfo organizza un torneo di scacchi nel suo giardino con 32 giocatori e tanti curiosi che la partita della sua vita si conclude con uno scacco matto mortale. Poirot non serve; Rodolfo sa chi lo ha ucciso.
Uno stile di scrittura colto e ricco di riferimenti arguti alla storia degli scacchi e alla letteratura. Attenta analisi psicologica nei personaggi della storia e soprattutto una trama ben congeniata a sfondo simbolico e dichiaratamente pessimista sull’umana caducità.”
I precedenti articoli della serie “Tra Re, Regine e morti ammazzati”:
27 giugno 2016 - 14:27
La funambolica abilità degli scacchisti si appaia con la bravura di Fabio come recensore sopraffino.
Scacco matto anche per i lettori più scafati.
Ma infine tutto è gioco anche se pericoloso!
bravo
27 giugno 2016 - 15:11
Ricambio la gentilezza di Patrizia ricordando agli amici lettori qualche suo libro :” L’oro dei Medici”, “L’uomo dagli occhi glauchi”,” La sentinella del Papa”, “L’eredità medicea” e, ultimo nato,” La congiura di San Domenico”, connubio felicissimo fra storia e thriller.
28 giugno 2016 - 10:44
ciao Fabio, cercavo un tuo contatto email per scriverti in privato, ti ho cercato anche sugli altri siti dove scrivi, ma non ho trovato nulla, grazie.
28 giugno 2016 - 21:53
Caro Danilo
ti ho risposto su “Letture al gabinetto”.
7 luglio 2016 - 15:05
Per gli amici scacchisti-giallisti è uscito il mio ultimo pezzo qui http://theblogaroundthecorner.it/category/ospiti/letture-al-gabinetto/
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