Le storie di Yasser
Con riferimento al concorso “L’articolo 2021” (qui presentazione e termini del concorso), Giosh dà spazio a Yasser Seirawan!
Le storie di Yasser
Articolo di Giosh
Yasser Seirawan è una delle personalità più simpatiche del panorama scacchistico, e non solo per quel contagioso sorriso che non riesce a separarsi dal suo viso. Grande maestro dall’inizio degli anni ’80, in carriera è riuscito anche a togliersi la soddisfazione di fare una capatina nella top ten mondiale. Ma certamente, più che per le sue partite, è noto a tutti gli appassionati per i suoi commenti tecnici, competenti ed entusiasmanti, agli eventi in diretta. Yasser è celebre anche per conoscere una infinità di storie sugli scacchi, raccontate sempre con un gusto coinvolgente. Ho raccolto in questo articolo alcune delle più divertenti.
Iniziamo dai suoi primi passi nel mondo scacchistico. Figlio di una inglese e di un siriano, Yasser trascorse l’infanzia spostandosi prima in Inghilterra, per sfuggire ai disordini in Siria, poi in America, a causa del lavoro del padre. Dopo due divorzi, la madre si stabilì definitivamente a Seattle. Qui Yasser, dodicenne aitante appassionato di corsa e di nuoto, iniziò a interessarsi per la prima volta agli scacchi per vendicare una brutta sconfitta contro un vicino di casa.
Cinque anni dopo, nel 1977, era già tra i giocatori più forti degli Stati Uniti. Si trovò di passaggio a New York e decise di entrare in uno dei club di scacchi più celebri del paese: il “Chess and Checker Club of New York”, sulla Quarantaduesima strada. Nessuno all’epoca l’avrebbe mai chiamato così, per tutti era la “Flea House” (“Casa della Pulce”).
La “Flea House” nel 1976, un anno prima dell’arrivo di Yasser
«Avevo diciassette anni, forte come un bue, con una corporatura da surfista e nuotatore; capelli lunghi, pettinatura afro a dire il vero. Entro dentro e un tizio mi dice:
“Sembra che stai cercando qualcosa, cosa stai cercando?”.
“Una partita a scacchi”.
“Per socializzare o per soldi?”.
“Be’, io gioco per pochi soldi”.
“Vieni con me!”.
Mi porta a un tavolo, dei tizi si stavano intrattenendo.
“Ho un nuovo cliente” dice il mio accompagnatore, per poi chiedermi: “Di dove sei?”.
“Di Seattle”.
“Seattle? È vicino l’Alaska. L’Alaska ottiene il vantaggio di un cavallo!”.
E rimuove un cavallo dalla sua parte della scacchiera.
Comprendimi, in quell’esatto momento nella mia vita, c’erano uno o forse due persone in tutti gli Stati Uniti che potevano giocare alla pari con me. Erano Walter Browne e Bernard Zuckerman, e questo era tutto. Chiunque altro, se non l’avessi riconosciuto in Bernard Zuckerman o Walter Browne, era fritto. E questo tizio mi dava il vantaggio di un cavallo? Incredibile.
Io non so cosa ho fatto, sul serio, era come se mi gingillassi, non lo so, perché c’erano scommesse secondarie intorno a me, mi sono confuso: ho perso la partita. Ho perso la prima partita… La cosa migliore che potessi fare! Tutti quanti si sono lanciati sulla prossima partita. Li ho spazzati via, li ho spazzati via, li ho spazzati via! Abbiamo iniziato a giocare alla pari, ma lui mi ha dato un vantaggio di tempo, tre a uno. L’ho spazzato via, l’ho spazzato via! Abbiamo iniziato a giocare alla pari, tre a tre. L’ho spazzato via, l’ho spazzato via! Ho dato io a lui tre a uno di vantaggio. Alla fine lui m’implora: “Torna domani, torna domani!”.
Mi sono fatto vedere il giorno dopo. Arriva il tipo: Asa Hoffmann (figura leggendaria del panorama scacchistico newyorkese, protagonista di epiche battaglie blitz, ha giocato contro ogni campione del mondo del secondo dopoguerra e al suo attivo vantava anche qualche vittoria contro Fischer. Con Yasser si instaurerà una bella amicizia, ogni volta che il giovane si troverà a New York, andrà a trovarlo a casa), era lui il loro campione. Mi dà un’occhiata e mi dice: “No, niente scacchi. Andiamo fuori a cena. Offro io: Ray’s Pizza. Tu mi spazzerai via”.
E tutti quanti nella Flea House: “È un ragazzino!!!”.»
Yasser con pettinatura afro nel 1977
Nel 1979, il GM americano James Tarjan chiese a Yasser di accompagnarlo, come suo secondo, al torneo interzonale di Riga, valido per le qualificazioni per il torneo dei candidati. In quell’occasione ebbe l’opportunità di conoscere Michail Tal, scoprendo che oltre a essere un fenomenale campione era anche una delle persone più amabili dell’intero panorama scacchistico, incapace di alzare la voce, nemmeno dopo una dura sconfitta. Eppure Yasser riuscirà a farlo innervosire, come vedremo tra poco.
Il lavoro di secondo è estenuante, un mese di preparazioni e analisi senza sosta, ma diede la possibilità a Yasser di assistere in prima fila a molte partite spettacolari, come quella tra Ruben Rodriguez e Bent Larsen. Dopo 57 mosse, i giocatori avevano raggiunto questa posizione:
Mossa al bianco, cosa giochereste?
Sentiamo come l’ha vissuta Yasser.
«Ruben stava valutando la posizione e allungò la mano lungo il tavolo per afferrare la regina bianca per la promozione. La teneva e la rigirava tra le dita mentre pensava. Mi era chiaro che se avesse promosso il pedone, avrebbe perso. Dall’altra parte, se avesse giocato la semplice ritirata difensiva 58.Tf2, avrebbe pattato. I minuti passavano e Ruben continuava a calcolare e a strofinare la regina. Bent era seduto perfettamente immobile, con una espressione completamente vuota sulla faccia. Imperturbabile come una roccia. Infine, Ruben promosse il suo pedone e premette l’orologio. Bent vinse qualche mossa dopo.
Quella sera, a cena, dissi a Bent che avevo attentamente visto ciò che era accaduto e che avevo una domanda per lui.
“Mentre Ruben girava la regina bianca nella sua mano, quali erano i pensieri che ti attraversavano la mente?”.
“Pensavo alla regola del pezzo toccato” mi rispose Bent: “Potevo andare dall’arbitro e dire ‘il mio avversario ha toccato la regina che era fuori dalla scacchiera e ora deve promuovere il suo pedone’? Io non pensavo che la regola del pezzo toccato si applicasse. Se avessi tentato di forzare Ruben a promuovere, avrei destato i suoi sospetti e forse avrebbe visto la ritirata d’alfiere che avrebbe bloccato il suo scacco. Ho deciso di non provare a far applicare le regole e, invece, ho provato a restare il più calmo possibile”.
Entrambi siamo scoppiati in una bella risata.»
La partita continuò con: 58. h8=D b2 59. Dd8+ Ad6 60. Re3 b1=D 61. Cxd6 Dc1+ 0-1.
Posizione finale
A gennaio del 1980, Yasser, fresco vincitore del titolo mondiale juniores, fu invitato al suo primo vero super torneo, a Wijk aan Zee in Olanda. Giocò un grande torneo, primo ex equo con sette vittorie, agguantando anche la sua ultima norma per diventare grande maestro. Quando ciò accadde al termine della sua decima partita, gli organizzatori fermarono tutti gli orologi e invitarono i giocatori a unirsi a un brindisi in onore del loro nuovo collega.
Al secondo turno aveva battuto il grande favorito del torneo, il numero due del mondo Victor Korchnoj. Da giovane inesperto, Yasser non poteva immaginare che “Victor il Terribile” odiasse perdere, e che c’era solo una cosa che lo facesse infuriare di più: perdere per colpa di uno juniores. Candidamente Yasser gli chiese: “Vorresti analizzare la partita con me?”.
Korchnoj, nonostante il fumo che gli usciva dalle orecchie, decise di non mandare al diavolo quel ragazzetto, ma di impartirgli una lezione mostrandogli le mosse con cui avrebbe potuto batterlo. La fortuna volle che l’apertura in cui si erano infilati durante la partita fosse una novità preparata da Seirawan, così a ogni proposta di mossa di Korchnoj, Yasser aveva la risposta pronta.
Korchnoj iniziò ad apprezzare il ragazzo, da quel momento in poi non mancò occasione, durante il torneo, in cui non gli chiedesse cosa ne pensasse delle posizioni degli avversari. Si giunse al termine del torneo, e qui comincia uno dei racconti più divertenti di Yasser Seirawan.
Korchnoj e Seirawan a Wijk aan Zee nel 1980
«Alla fine del torneo, Korchnoj mi prese da parte e mi disse: “Yasser, ti piacerebbe allenarti con me?”.
Rimasi paralizzato, non sapevo cosa dire, perché quello che stavo pensando era: “Posso permettermelo? Posso permettermi di pagare Victor Korchnoj come mio allenatore?”.
Lui fraintese la mia mancata risposta e subito sputò fuori: “Oh, scusami. Le condizioni sono: pagherò tutte le tue spese, i tuoi viaggi e in più 500 franchi svizzeri a settimana”.
Ero convinto di stare sognando. Ho capito bene? Victor si offre di pagarmi? Per allenarlo? Cosa diamine potrei mai insegnare a Victor Korchnoj?
“Accetto! Nessun problema!”.
Un paio di mesi dopo, in marzo, viaggiai fino a Zurigo. Victor e la sua futura moglie Petra vennero a prendermi all’aeroporto. Io ero così entusiasta. Il viaggio era stato estenuante: avevo fatto Seattle-Denver, Denver-New York, New York-Londra, Londra-Zurigo, qualcosa di pazzesco. Stavo viaggiando da 24 ore. Abbiamo cenato e parlato di come doveva essere il nostro programma di allenamento, eravamo entrambi entusiasti e improvvisamente si erano fatte le undici di sera. Forse i miei occhi si stavano chiudendo. Victor mi guardò e mi disse:
“Oh, sei stanco. Dovremmo andare a letto”.
Io risposi: “Sarebbe grandioso”.
Petra era già andata via per tornare alla propria casa. Victor viveva in un appartamento con due stanze da letto, entrambi entrammo nella stanza degli ospiti.
“Dove stai andando, Victor?” chiesi.
“Io dormirò qui. Per favore. Tu dormirai nella camera matrimoniale” mi rispose.
“No, no, no. Sono più che contento di dormire nella stanza degli ospiti, non ho intenzione di cacciarti dalla tua camera da letto”.
“No, insisto. Tu devi prendere la stanza da letto principale!”.
Tutto questo andò avanti per un po’, senza che nessuno cedesse. Finalmente Victor mi confidò: “Okay, ti dico com’è la storia: io ho mal di schiena. Petra mi ha comprato un materasso speciale. Un materasso troppo rigido su cui dovrei dormire e che dovrebbe essere buono per me. Ma io dormo nella stanza degli ospiti perché preferisco il letto che c’è qui”.
Così dissi: “Oh, allora ti farei un favore prendendo la camera matrimoniale?”.
“Esatto!”.
“Okay”.
Ci scambiammo la nostra ultima buonanotte e poi lui disse: “Spero tu non sia nervoso” e chiuse la porta.
Spero che tu non sia nervoso? Che diamine significa? Vent’anni, forte come un bue… ma che?
Così eccomi in piedi fuori dalla stanza degli ospiti, fissando accigliato la porta come un idiota. Ora, invece di bussare alla porta e chiedere: “Cos’era quel commento criptico, me lo puoi spiegare?”, ho pensato: “No, la prenderò come una sfida. Userò il mio brillante ragionamento deduttivo alla Sherlock Holmes e scoprirò la risposta da solo”.
Nonostante fossi esausto per il viaggio e il jet-lag, l’enigma mi ha tormentato finché non mi sono addormentato. Mi avrebbe perseguitato per le successive due settimane.
Nel corso delle settimane seguenti, Victor e io lavorammo sodo ogni giorno: dodici ore di scacchi e passeggiate e chiacchierate. Diverse cose mi divennero chiare su Victor e la sua visione del mondo. Lui mi raccontava dell’Unione Sovietica, cosa significasse la sua defezione, e quale colpo era stata per le autorità sovietiche. E che, inoltre, lui era estremamente pericoloso per la supremazia sovietica sul titolo di campione del mondo. E quindi non c’era assolutamente alcun dubbio nella mente di Victor: i sovietici lo avrebbero assassinato. Era sicuro al cento per cento, sarebbe accaduto. Era stato coinvolto in due misteriosi incidenti stradali – nel secondo dei quali io ero un passeggero. La certezza di Victor della sua inevitabile morte per mano di un assassino del KGB era incrollabile e assoluta.
Compresi cosa aveva voluto dirmi quella sera con “Spero che tu non sia nervoso”: “Ascolta, Yasser, se il KGB mi colpirà stanotte, non spareranno al tizio nella stanza degli ospiti, spareranno al tizio che dorme nella camera matrimoniale!”.
Una volta risolto correttamente l’enigma, godendo della mia ritrovata consapevolezza, cominciai a essere nervoso.»
Fortunatamente Yasser scansò la possibile vendetta sovietica e a fine anno venne convocato dalla nazionale statunitense per le Olimpiadi di Malta.
«Era la mia prima Olimpiade e dentro di me, così come tutti gli altri, temevo (ma attendevo anche con impazienza) l’accoppiamento contro la formidabile squadra sovietica. Be’, considerate che la sesta scacchiera per i sovietici era Garry Kasparov…
Pal Benko, il nostro capitano, passava del tempo ogni sera controllando la classifica per verificare se la sfida USA contro URSS fosse imminente. Se così fosse stato, avremmo voluto più tempo possibile per prepararci e scegliere la nostra formazione. La squadra americana non stava performando né male né bene, perciò non era neanche chiaro se ci saremmo scontrati. Ovviamente l’accoppiamento capitò quando nessuno se l’aspettava.
Dormivo beatamente quando ci fu un rumoroso bussare sulla porta della mia camera da letto. Era Larry, il mio compagno di stanza, che gridava: “Giocheremo contro i sovietici! Tu giocherai contro Lev Polugaevsky. Tu sei il bianco!”. Cavolo. In quel preciso momento, certamente non mi sentivo di giocare con chicchessia, figuriamoci con i sovietici. E comunque cosa conoscevo delle partite di Lev Polugaevsky? Sapevo che aveva una linea della siciliana con il suo nome, ma cosa giocava con il nero contro l’apertura inglese?».
In quei momenti d’ansia, per Yasser non deve essere stato un aiuto cosa gli aveva raccontato Korchnoj su Polugaevsky.
Dopo la perdita del titolo mondiale in favore di Bobby Fischer nel 1972, i dirigenti della Federazione Scacchistica Russa, umiliati da quella sconfitta, cercarono di far di tutto per riportare il titolo in patria. Tra le tante iniziative, la Federazione inviò una lettera a tutti i suoi migliori grandi maestri e allenatori per chiedere la loro opinione sui giocatori russi che si apprestavano ad affrontare il nuovo ciclo mondiale. Il tre volte campione del mondo Botvinnik rispose con una dettagliata analisi e un dossier per ogni giocatore. Pagine e pagine su Spassky, Karpov, Korchnoj, approfondendo i loro punti di forza e debolezza, cosa fare per potenziare i primi e cosa per eliminare i secondi. Quando arrivò a Polugaevsky scrisse solo quattro parole: “Ha una buona salute”.
Botvinnik sapeva come farsi capire, anche senza spendere troppe parole. Torniamo al racconto di Yasser.
«Mentre riflettevo nel letto, ho provato a ricordare le partite di Polugaevsky al torneo interzonale di Riga, alla ricerca di un qualsiasi indizio. Il resto della giornata lo spesi a passare in rassegna tutti gli “informatori”, libri che all’epoca erano la bibbia dei giocatori di scacchi. Ogni membro della squadra ne aveva trascinato all’evento un numero adeguato per fare un set completo. Dopo essermi assicurato di aver passato in rassegna tutti i giochi di Polugaevsky che ero riuscito a trovare, mi trovai quasi in ritardo per il big match. Ad aspettarmi al tavolo da gioco c’era Michail Tal.»
La partita iniziò nell’istante in cui uno sbalordito Yasser si sedette al tavolo. Era la prima volta che affrontava “Mischa” Tal. Sorpreso e arrabbiato, invece di concentrarsi sulla partita, Yasser restò ipnotizzato dallo scoprire che il grande Tal aveva una malformazione congenita alle dita della mano. Questo gli fece scaturire una serie di riflessioni sulla condizione umana, piuttosto che concentrarsi sulla partita. Quando si risvegliò, si accorse di trovarsi in una posizione della partita inglese che non aveva mai giocato prima. Non erano strane le mosse di Tal: erano le sue che non avevano senso. Yasser provò a rimettersi in carreggiata, quand’ecco che alla venticinquesima mossa, sorprendentemente, Tal gli offrì di pattare.
Sbalordito, Yasser corse dal suo capitano, Pal Benko, per chiedergli se dovesse accettare.
«Pal non stava affatto bene. Infatti, sembrava che avesse ingoiato una rana dal sapore sgradevole. Lev Alburt sulla prima scacchiera era stato brutalmente schiantato da Anatoly Karpov, e Garry Kasparov stava vincendo strategicamente sulla quarta scacchiera. La terza scacchiera sarebbe stata patta e io stavo peggio fin dall’apertura. Pal temeva una debacle per 3½:½».
Quando venne a sapere che Tal aveva offerto la patta, Pal Benko si rianimò: almeno il punteggio sarebbe stato meno severo. Tuttavia lasciò la decisione a Yasser. Il giovane americano tornò al suo tavolo. Tal si alzò in piedi e, chinandosi verso di lui, gli tese la mano per la stretta.
«“Mi piacerebbe giocare” dissi.
Mischa mi fece una faccia che parlava da sola. Cosa c’era di sbagliato in me? Non capivo che stavo peggio? E a proposito, chi ero io per rifiutare l’offerta di un ex campione del mondo?».
Ma Yasser sentiva di trovarsi a proprio agio nella posizione raggiunta, nonostante la ritenesse anche lui inferiore.
«Visibilmente annoiato, Mischa strinse le labbra, mi colpì con il suo famoso “Sguardo alla Tal” e alzò il ritmo della sua “modalità punizione”. Questo giovane sbarbatello deve imparare la lezione. Mischa si chinò in avanti e iniziò a concentrarsi davvero sulla partita. Con la coda dell’occhio vidi che Pal aveva alzato le mani al cielo e stava chiacchierando con qualcuno in maniera molto accesa.
Naturalmente capivo il suo sconcerto: stavo peggio e “non capivo” che l’offerta di patta era un regalo da abbracciare e accettare. Dentro di me, mi misi a ridere. Sapevo che Pal si stava maledicendo per aver accettato il ruolo di capitano della squadra “senza condizioni”.
Due delle quali avrebbe potuto scriverle ora:
- I giocatori non devono infastidire il capitano.
- I giocatori devono accettare le offerte di patta quando si trovano in posizioni peggiori.»
Tal iniziò a giocare aggressivamente, senza accorgersi che il suo vantaggio stava lentamente scomparendo. Continuò ad attaccare, anche quando fu chiaro che sarebbe stato il momento di considerare qualche mossa difensiva. Alla ventinovesima mossa, in una posizione pari, spinse troppo ottimisticamente il pedone in g5.
Tal ha appena giocato 29…g5?, riuscite a individuare l’unica mossa che dà vantaggio al bianco?
Nonostante si stia attaccando il pedone in d4 con due pezzi, questa cattura è da evitare. Con Dxd4, abbiamo uno scambio di regine e la posizione è pari; abbaglio clamoroso sarebbe prendere con il cavallo, perché dopo Ac5 il cavallo è perso. Prendere il pedone in g5 non ci fa guadagnare alcunché. L’unica mossa che dà il vantaggio al bianco è Cxa5!: si guadagna un pedone, si crea un interessante pedone passato e il cavallo diventa un pezzo temibile pronto a saltare in c6 o c4.
La partita continuò ma, con poco tempo sull’orologio, Tal commise l’errore decisivo e alla cinquantasettesima mossa fu costretto ad arrendersi.
Yasser non riusciva a credere ai propri occhi. Tutta i compagni si complimentano calorosamente, compreso l’incredulo Pal Benko. Il confronto contro i sovietici finì con una sconfitta per 2½:1½, ma Yasser salvò l’onore della squadra, diventando l’eroe di giornata. A coronamento di questo episodio, a fine Olimpiade, Yasser vinse la medaglia d’argento in seconda scacchiera.
Inizio di quella che sarà una gloriosa partita per Yasser
Riferimenti:
La storia sulla Flea House la si può trovare qui: https://youtu.be/aKBnh_aseBE?t=263.
Le storie sul Torneo interzonale di Riga e sulle Olimpiadi di Malta si trovano nel bel libro di Yasser “Chess Duels: My Games with the World Champions”.
La storia sugli assassini sovietici è stata raccontata numerose volte da Yasser. Ad esempio, la si può trovare in forma abbreviata qui https://youtu.be/WiexLWApQC8, o in forma più estesa nel libro citato sopra.
27 dicembre 2021 - 11:45
Non è il mio commentatore preferito, ma ascolterei i suoi aneddoti per ore. Credo che in pochi conoscano i retroscena come lui, e in pochissimi li sappiano raccontare. In questo senso la coppia con Ramirez (uno dei secondi di Caruana) è azzeccata, in quanto insieme riescono a descrivere dall’interno il mondo scacchistico di alto livello corrente e passato.
Grazie Giosh per averne raccolti alcuni! Ho trovato particolarmente gustoso l’aneddoto relativo a Korčnoj, d’altronde la sua vita è stata fuori dall’ordinario… 😀
27 dicembre 2021 - 12:38
Celebre la sua figura di m…. con Ivanchuk; nella partita Jobava-Ivanchuk o viceversa (no ricordo quale torneo) da commentatore, alla fine della partita, disse a Ivanchuk di essere stato fortunato, in quanto Jobava aveva abbandonato in posizione giudicata pari dai motori; Ivanchuk invece gli fece vedere, scacchiera alla mano, che la posizione era vinta per lui e che Jobava quindi aveva fatto bene ad abbandonare. I motori infatti non avevano calcolato la bene posizione dopo oltre 10 mosse.
Seirawan rimase stupito e incredulo e Ivanchuk gli disse :” you know….. I am a good grandmaster.!”.
Sipario
Lascia un commento
Devi essere loggato per lasciare un commento. Clicca per Registrati.