Géza Maróczy
Sottotitolo volutamente provocatorio, lo ammetto. Molti, naturalmente, conoscono questo nome e sanno che era un forte giocatore. Ma quando ho iniziato a documentarmi sulla sua carriera ho scoperto che Kasparov lo “usa” solo come parte sconfitta in due partite, senza neppure dirci chi fosse, Chicco&Porreca lo fanno invece giusto per mostrarci Euwe che lo batte brillantemente, non sono riuscito a recuperare una sua biografia in inglese che andasse oltre le quattro pagine. Un po’ poco, ho pensato, per l’uomo che “sdoganò” tra i primi la Siciliana e la Francese, che giunse quasi alla sfida per il Titolo e che fu Maestro di due Campioni del mondo. Ho creduto di farvi sapere quello che ho scoperto.
Géza Maróczy nacque il 3 marzo 1870 a Szeged (“la città dei raggi solari”), importante città ungherese, all’epoca la seconda per dimensione e numero di abitanti dopo la capitale Budapest, situata nel sud della nazione, vicino al confine con Serbia e Romania.
Panoramica dell’odierna Szeged
Impossibile sovrastimare l’importanza del luogo e del momento di questa nascita: orgogliosa parte del neonato (1867) Impero dalla doppia corona, l’Ungheria dell’epoca “produceva” cittadini che spiccavano per cavalleria, charme, orgoglio, galanteria, sciovinismo e, a volte, intolleranza. Tutte caratteristiche che Maroczy assorbì e conservò per tutta la vita.
Imparò a giocare a scacchi in tenera età, durante i primi anni scolastici, ma non fu un bambino prodigio come Capablanca: non sconfisse adulti con disarmante facilità, non creò sensazioni. Il più importante evento della sua infanzia, non a caso, è del tutto slegato dagli scacchi: nel 1879dovette assistere assieme a tutta la città alla terribile inondazione del fiume Tisza che distrusse quasi la totalità dell’abitato e causò 165 morti.

Gli effetti dell’inondazione nel centro cittadino
Durante i primi anni ’90 si trasferì a Zurigo per studiare ingegneria, ma, sapete tutti quanto Caissa esiga, presto si ritrovò a passare più tempo nei circoli e nei caffè davanti ad una scacchiera di quanto ne passasse di fronte ai libri. Così, siamo nel 1894, mentre in maggio Emanuel Laskersconfiggeva per 12 a 7 (+10 = 4 -5) Steinitz in una sfida valida per il Titolo mondiale giocata traNew York, Philadelphia e Montreal, il giovane ungherese esordì a Budapest come scacchista da torneo, dopo aver giocato in precedenza (e questo potrebbe interessare gli esordienti e i semi-esordienti che leggono) alcune partite per corrispondenza.
Steinitz e Lasker: l’Ottocento lascia il campo al nuovo secolo
Fiorì rapidamente: l’anno successivo, 1895, mentre ad Hastings si svolse quello che fu probabilmente il più forte torneo mai giocato sino a quel momento (1° l’allora sconosciuto in EuropaPillsbury a 16 ½ su 21 davanti a Chigorin, 16, e al Campione del mondo Lasker a 15 ½; da notare il nostro Beniamino Vergani ultimo a 3 ma con l’onore delle armi: pattò contro Georg Marco eAdolf Albin e, sopratutto, sconfisse Isidor Gunsberg, già candidato al Titolo nel 1890, e Carl Schlechter, che candidato lo sarebbe stato nel 1911) Maróczy vinse il Torneo dei dilettanti, imponendosi per 4 su 4 nella fase preliminare e per 2 ½ su 3 in quella finale.
Tuttavia, benché notevole per un esordiente a livello internazionale, questa performance fu ottenuta contro giocatori di secondo livello, di conseguenza Maróczy dovette escogitare qualcosa di più spettacolare per farsi notare nei circoli europei. Lo fece. Nel tardo di quello stesso 1895 sconfisse con disarmante facilità in un match l’esponente di punta degli scacchi ungheresi Rudolf Charousekper +6 =6 -2 (Charousek avrà ancora il tempo di battere Lasker a Norimberga l’anno successivo, impressionandolo al punto di fargli dire “Dovrò giocare un match mondiale contro di lui un giorno o l’altro”, per poi morire di tubercolosi nel 1900 a 27 anni).
Il giovane Charousek in un ritratto a carboncino
Proprio nell’appena citato Torneo di Norimberga del 1896 Maróczy si presentò ufficialmente all’élite scacchistica: concluse 2° con 12 ½ su 18 alle spalle di Lasker (13 ½, pattando con Maróczy) e davanti a Tarrasch e Pillsbury (12), Janowski (11 ½) e Steinitz (11), senza citare i dettagli di Schlecter, Chigorin, Blackburne, Marco, Winawer, tutti più indietro.
Dopo questo ottimo risultato Maróczy mise temporaneamente in secondo piano la carriera di scacchista e si dedicò all’insegnamento della matematica in un liceo di Budapest: per lui fu ovviamente una necessità e non la mossa di un abile attore capace di creare suspense, ma, di fatto, retrospettivamente possiamo dire che questo fu l’effetto che ottenne: dopo buone prestazioni (9° su 19 a Vienna 1898 con 19 ½ su 36, 4° su 15 con 18 su 27 a Londra 1899, 1°-3° con Pillsbury e Schlechter nel però non fortissimo DSB Kongress 1900), prive però di grandi acuti, riprese infine a pieno ritmo l’attività di scacchista e si rivelò un’impressionante macchina da Torneo. Dal 1902 al 1908 prese parte a 13 tornei di alto livello, vincendone cinque, giungendo cinque volte secondo e una terzo. Gli inciampi furono Ostenda 1906 e Vienna 1907, 5° in entrambi i casi.
Monte Carlo ad inizio ‘900
La sua vittoria a Monte Carlo nel 1902, il Torneo che diede il via alla serie, va citata anche per avere ottime chance di essere quella con il margine più risicato della storia: finì infatti a 14 ¾ contro i 14 ½di Pillsbury: forse già allora qualcuno si lamentava delle troppe patte, fattostà che il regolamento prevedeva ¾ di punto per la prima patta e ½ per le successive (nota a margine: Janowski si “impegnò” un po’ troppo nell’allora già noto casinò locale: la direzione del Torneo gli fece alla fine la grazia di pagargli un biglietto ferroviario destinazione Parigi…). Va invece ricordata non come curiosità ma come suo probabile miglior successo la vittoria a Ostenda nel 1905: 19 ½ su 26 (+16 =7 -3) in un campo di battaglia che comprendeva sette dei dieci giocatori migliori al mondo, 1 punto e mezzo di vantaggio (malgrado una disastrosa sconfitta in 16 mosse contro Georg Marco) suJanowski e Tarrasch, i soli in grado di tenere, più o meno, il suo ritmo: Schlechter arrivò 4° a 15 ½.
E fu questa vittoria a fargli decidere di compiere il grande passo: sfidò Lasker ad un match con in palio il Titolo.
All’idea, il Campione oppose relativamente poca resistenza: Maróczy l’aveva sì battuto in sole 24 mosse qualche anno prima, ma nel complesso non gli sembrava avversario temibilissimo (Lasker non era, del resto, ancora quel “monumento” mondiale che avrebbe potuto in futuro dettare, letteralmente, le condizioni) . Così ci si accordò rapidamente per le questioni regolamentari, lasciando allo sfidante il “solo” problema di recuperare la borsa necessaria. I circoli scacchistici di New York, dove l’ungherese era popolarissimo, si attivarono allo scopo, ma la cifra non fu raggiunta. Un’ulteriore possibilità si presentò quando L’Avana si offrì di finanziare ed ospitare la sfida, ma, lo sapete, c’è sempre la Storia di mezzo che non si cura dei singoli, lo scoppio della rivoluzione a Cuba mise fine anche a questa possibilità. Un ultimo tentativo lo si fece con Vienna ma fu rapidamente chiaro che non sarebbe stato possibile raggiungere un accordo soddisfacente per tutte le parti in causa.
Anni dopo Maróczy dirà di essere stato molto grato per gli sforzi profusi, in particolare quelli dei suoi amici newyorchesi, ma anche sollevato dal fatto che non fossero andati a buon fine: aveva realizzato che Lasker non era avversario alla sua portata. Ma non perché Lasker fosse Lasker: semplicemente, nelle sue parole, il Campione godeva di un enorme vantaggio su di lui: era un accanito fumatore (!) e Maróczy non diede mai il meglio di se stesso contro i tabagisti. Provava verso di loro qualcosa vicino all’odio, sempre accuratamente nascosto da un’apparente ed educata imperturbabilità.
Lasker e la sua arma, in fondo non tanto, segreta. Alle sue spalle il fratello (Fonte: en wiki)
Una breve divagazione, sempre a proposito di categorie di scacchisti che Maróczy non riusciva a sopportare: quelli che aprivano con 1. d4. Maróczy passò gran parte della sua prima carriera nel cercare una “difesa adeguata” contro l’apertura del pedone di donna, gli capitò di dire (dopo una patta contro tale Wolf nel 1922) “Neppure lui capisce molto di 1. d4. Ha scelto quella mossa solo per infastidirmi!” (va detto che occasionalmente lui stesso provò “a dare la mano al diavolo” giocando con i bianchi questo “sistema”). Che dire? Stiamo parlando di uno dei massimi esponenti di un’epoca: per certe cose erano davvero altri tempi…
Dopo questi anni di costante crescita, la sfida mancata contro Lasker (il quale per cronaca nel 1907disputò invece un match contro Marshall, archiviandolo con +8 =7 -0) segnò un punto di svolta. Conscio di aver ricavato dagli scacchi le per lui massime soddisfazioni possibili iniziò a diradare i suoi impegni sportivi, dedicandosi alla sua professione di ingegnere (suo, almeno in parte, il progetto di un importante acquedotto di Budapest) e di impiegato, dedicando agli scacchi decisamente meno tempo (nel 1908 però ebbe tempo e modo di scrivere una importante biografia di Paul Morphy, per la prima volta analizzato criticamente come semplice giocatore, eliminando i già allora numerosi elementi di leggenda legati al suo nome e al suo gioco, che però a quanto mi risulta non è mai stata tradotta in inglese).
Paul Morphy: Sammlung der von ihm gespielten Partien mit ausführlichen Erläuterungen,
di Géza Maróczy, edizione tedesca di W. de Gruyter & Co, Berlino e Lipsia, 1908, 436 pagine
Di questa sua prima carriera è ancora necessario parlare del Torneo di San Sebastian 1911, non solo per la sua importanza intrinseca ma anche come “scusa” per fare una panoramica generale dello scacchista.
Punteggio alla mano, il suo non un fu grande risultato: con 6 su 14 si piazzò ben lontano dalla vetta (Capablanca; 9,5) e dai primi posti (Rubinstein e Vidmar; 9, Marshall; 8,5, Tarrasch,Schlechter e Nimzowitsch; 7,5).
Tuttavia non credo che in questo caso bastino i crudi numeri. Bisogna per cominciare ricordare che mancava dagli impegni internazionali da tre anni. Inoltre un’occhiata al dettaglio del suo Torneo ci da importanti informazioni: perse contro Bernstein, Spielmann e Leonhardt, non esattamente delle teste di serie, batté Janowski e pattò le restanti 10 partite. Cosa possiamo capire da questo? Che molto probabilmente “l’ingegnere” non smise mai di seguire, e con estrema cura, gli scacchi mentre si dedicava ad altri impegni. Mi sento di poter affermare che non si patta per caso contro Capablanca, Rubinstein, Marshall, Tarrasch, Nimzowitsch e altri dopo 3 anni di assenza dal giro dei Tornei: Maróczy doveva essere informato sui giocatori e aver seguito attentamente sia i campioni che le nuove leve, conoscendo bene i loro stili e preferenze.
Del resto il suo stile ben si confaceva a situazioni “d’emergenza” come questa, in cui la mancanza di pratica poteva ben essere compensata dalla sua naturale solidità. Maróczy infatti non aveva uno stile molto comune per l’epoca, che se non era ormai più quella romantica di Anderssen e del suo “Attaccare! Sempre attaccare!” era comunque ancora rappresentata dal gioco aggressivo deiMarshall, dei Boboljubov, dei Chigorin, mentre l’ungherese fu tra i primi Maestri a preferire ungioco paziente, basato sull’attesa e sul contrattacco, oppure sul lento “soffocamento” dell’avversario. Bisogna ricordare le innumerevoli partite in cui contro la sua precisa difesa si sbriciolarono “brillanti” attacchi che all’epoca avrebbero funzionato contro quasi chiunque altro. Diede credito, e grazie a lui credibilità, a difese sino ad allora viste con qualche sospetto o più, come laSiciliana e la Francese (“Non ho mai giocato, ne mai giocherò la difesa Francese: la più stupida di tutte le difese”: Steinitz, a lungo fautore dell’attacco 1. e4 e6 2. e5), dimostrando come reggessero, e non solo, la prova contro i migliori attaccanti e contribuendo quindi a farne delle armi preziose per la generazione successiva. Mancava di immaginazione e di spirito aggressivo, ci dice Capablanca, che tuttavia aggiunge che la sua comprensione posizionale era eccellente (in un’epoca in cui la comprensione posizionale se non era agli albori poco ci manca). Nella sua opera sul mediogioco Euwe lo citerà per la precisione difensiva, mentre Nimzowitsch nel Sistema userà il suo stile (la partita Maróczy – Süchting, inclusa nel link a fine articolo) come esempio di contenimento e imprigionamento dell’avversario prima di operare lo sfondamento decisivo (“Nessuno conosce meglio di Maróczy come prevenire mosse liberatorie”). Non gli si faccia però il torto di considerarlo un “catenacciaro”: se provocato sapeva reagire “alla romantica”, come potete vedere nella Janowski – Maróczy di Monaco 1900, anch’essa inclusa nel link a fine articolo.
Fu inoltre tra i primi a capire l’importanza dello studiare, di saper prevedere, il finale di partita, ad approfondire lo studio ad esso legato. Capablanca parlò con ammirazione dei suoi finali di donna e pedoni, oltre a definire “entrato nella Storia” un suo finale di cavalli e pedoni contro Marco(anche questa partita è inclusa nel link).
A proposito di Capablanca, è proprio a San Sebastian che i due hanno il piacere di stringersi la mano per la prima volta. I due venivano da due mondi geograficamente lontanissimi e diversi, eppure tra di loro si stabilì una solida amicizia che li accompagnò per tutta la vita. Capablanca era all’esordio europeo e sapeva ben poco di alcuni giocatori: in Maróczy trovò prima un affabile cicerone e dopo un valido amico: i due infatti condividevano ideali di stile (quello, beninteso, con il quale si affronta la vita), di onore, di rispetto. Inoltre, non guasta per un’amicizia, entrambi “teorizzavano” che un giocatore di scacchi malvestito non fosse un vero giocatore di scacchi, entrambi potevano usare l’inglese quasi come lingua madre ed entrambi provavano occasionale piacere nel dimenticare le fatiche delle 64 caselle grazie ad una partita di Bridge (non ho idea di chi battesse chi in questo caso, so solo che Maróczy amava il Bridge in quanto anglofilo convinto e Capablanca in quanto gioco più popolare tra le Signore di quanto non fossero gli scacchi…).
Lunga divagazione, torno in linea.
Con San Sebastian si chiuse definitivamente la sua prima carriera, che secondoChessmetrics lo portò ad essere il più forte giocatore in attività tra il tardo 1904 e l’inizio del 1907.

Budapest e il Danubio in una foto d’epoca
Gli anni immediatamente successivi, almeno con i mezzi a mia disposizione, non sono facilmente ricostruibili: lontano dagli scacchi, sembra abbia vissuto a Budapest, dove qualche anno dopo verrà sorpreso dallo scoppio della Prima guerra mondiale. Per lui furono anni di estrema povertà, interrotti verso il 1918 quando divenne alto funzionario in una banca. Nel frattempo, però, a seguito della dissoluzione dell’Impero Austro-ungarico dovuta alla sconfitta nella guerra,l’Ungheria era divenuta Repubblica indipendente e per breve tempo fu al governo il Partito Comunista, che proclamò la Repubblica Ungherese dei Soviet, con a capo Béla Kun. Finita nel giugno 1919 la prima “stagione rossa” ungherese, Maróczy dovette intraprendere la via dell’esilio: il nuovo governo democratico lo accusò di connivenza con i rivoluzionari. Ora, secondoHans Kmoch, che lo ha conosciuto di persona, l’idea che Géza Maróczy potesse essere unrivoluzionario, per di più di stampo comunista, è, al meglio, risibile: era uno di quegli uomini cheneppure sanno che è possibile violare la legge, che preferiscono morire piuttosto che commettere un torto (ma anche uccidere piuttosto che sottomettercisi). Sempre secondo Kmoch, la cosa più probabile è che sia caduto in qualche trappola, magari convinto a firmare una qualche petizione di cui non aveva ben chiara la portata. In ogni caso, ben presto il nuovo governo si rese conto del proprio errore e,assolto di tutto, lo richiamò indietro. Dovette aspettare: Maróczy stava per cominciare la suaseconda carriera, che, come quella di tutti gli scacchisti, lo portò nuovamente a girare per il mondo.
Si trasferì in Inghilterra, nazione che amava sia per la sua Storia e le sue usanze, sia per i bei ricordi legati al suo personale successo ad Hastings nel 1895.
Nel 1921, assieme alla famiglia, anche una ragazzina di 15 anni passò dal continente alle isole britanniche: quello stesso anno vinse il Campionato Inglese juniores per ragazze. Maróczy, che allora si manteneva, oltre che esibendosi in simultanee, come insegnante presso il rinomatoHasting’s Chess Club, la notò e in breve tempo la neo-campionessa juniores divenne sua allieva. I più “preparati” tra i lettori hanno già capito che si trattava della giovane Vera Menchik, destinata a diventare la più forte giocatrice di scacchi vista sino ad allora: diverrà Campionessa del Mondo nel 1927, titolo che mantenne (difendendolo in 7 tornei e due match: in totale +90 =9 -4!) sino alla morte avvenuta nel 1944 durante un attacco di V1 tedesche contro la capitale inglese.
Fu inoltre la prima donna a poter competere alla pari con il cosiddetto sesso forte: la” proprietaria” del Menchik Chess Club “tesserò” giocatori quali (elenco non completo) Conel Hugh O’Donel Alexander, Abraham Baratz, Eero Böök, Edgard Colle, Max Euwe, Harry Golombek, Mir Sultan Khan, Frederic Lazard, Jacques Mieses, Philip Stuart Milner-Barry, Karel Opoèenský, Brian Reilly,Samuel Reshevsky, Friedrich Saemisch, Lajos Steiner, George Alan Thomas, William Winter e Frederick Yates (vale la pena ricordare che a proporre la sarcastica idea di aprire un Club per gli sconfitti dalla gentile signora fu, incautamente, Albert Becker a Carlsbad nel 1929; subito dopo“orgoglioso” possessore della tessera 001: Caissa, come tutte le muse, sa essere capricciosa…Becker, per correttezza, deve però anche essere ricordato come quarta scacchiera alle Olimpiadi diBuenos Aires del 1939, che videro la sua Germania vincere la medaglia d’Oro).
Come insegnante aveva evidentemente davvero del talento: nel 1920 si recò ad Amsterdam per un Torneo (giunse 2°-3° con Tartakover, mezzo punto dietro Richard Reti) e tra i partecipanti notò un ventenne che doveva ancora decidere se “da grande” avrebbe fatto lo scacchista o il matematico: dopo qualche serena discussione, un match amichevole pareggiato 6 a 6 l’anno successivo a Bad Aussee, Max Euwe scoprì di avere un insegnante e di tendere maggiormente verso la prima delle due opzioni. Tra il maestro e l’allievo si formerà un’amicizia, diversa rispetto a quella tra l’ungherese e Capablanca, a causa della maggiore differenza d’età, tuttavia solidissima, un rapporto tipo padre-figlio che diede al giovane olandese la determinazione psicologica da un lato e lasolidità nel gioco dall’altro per diventare nel 1928 Campione del Mondo dei Dilettanti. Se ricordiamo che solo l’anno precedente la Menchik conquistò il Titolo femminile, possiamo solo immaginare la felicità e l’orgoglio che Maróczy doveva provare in quel periodo.
Max Euwe e la Vice Campionessa del Mondo (perse due match contro la Menchik) Sonja Graf
Ma non si pensi che si stia ormai parlando di un quasi ex giocatore con del talento per l’insegnamento: se a Vienna 1922 dovette accontentarsi di un 4°-6° posto con 9 su 14 (Torneo vinto da Rubinstein con 11.5) e a Londra quello stesso anno di un 9° (8 su 15, vittoria dell’amico Capablanca imbattuto a 13), l’anno successivo a Karsbad divise il primo posto con Bogoljubow (classe 1889, 19 anni più giovane di lui) e Alekhine (1892, 22 anni in meno) ottenendo 11 punti e 1/2 su 17 (+7, 5 vittorie negli ultimi 5 turni, =9 -1, contro Alekhine), dimostrandosi ancora temibile ai massimi livelli
.
In quegli anni si trasferì negli Stati Uniti, a New York per la precisione. Qui ebbe modo di partecipare al famoso Torneo del 1924, che svolse più che dignitosamente con 10 su 20, alle spalle di Lasker (1° a 16 su 20), Capablanca (14,5), Alekhine (12), Marshall (11) e Reti (10,5) e davanti a Bogoljubow(9,5), Tartakower (8), Yates (7), Edward Lasker (6,5) e Janowski (5). Patì in particolare, come ovvio, il Campione del Mondo, il suo predecessore e il suo successore: contro quei terribili tre ottenne 1 punto su 6 (2 patte contro Capablanca ed Alekhine).
Parlando di curiosità: nel dopo Torneo Alekhine si cimentò nel tentativo di battere il record di simultanea alla cieca: con 16 vittorie, 5 patte e 5 sconfitte maturate in 12 ore di gioco, il precedente record di Gyula Breyer fu infranto. Fu proprio Maróczy a fungere da “direttore del torneo”, annunciando le mosse, spiegando la situazione delle diverse partite al pubblico…
Dopo una toccata vittoria e fuga alla sua vecchia casa di Hastings (6.5 su 7 imbattuto, davanti però a giocatori locali con l’eccezione di Yates, 2° a 5.5) tornò a New York e disputò poi qualche torneo minore negli Stati Uniti. Il “torneo dei candidati” di New York 1927 lo vide, chiara attestazione di stima, come Arbitro capo. Poté quindi assistere al trionfo di Capablanca (1° con 14 su 20, primo premio, allora enorme, di 2000 dollari, circa 50.000 di oggi) e al 2° posto di Alekhine (11.5 su 20, che divenne di conseguenza sfidante designato del Campione, non credo di dover ricordare il risultato della sfida tra i due che si svolse successivamente quello stesso anno).
Metà anni ’20: Alekhine contro Rubinstein
Alle loro spalle “Kibitz” di Tartakower, Bogoljubow e Maróczy (Fonte: Chessbase)
“Chiara attestazione di stima”, va bene, ottimo, ma Maróczy sentiva di aver ancora qualcosa da dire come giocatore: tornò in patria a seguito dell’annuncio di un prossimo importante evento internazionale. Dal 18 al 30 giugno 1927 Londra avrebbe infatti ospitato le prime Olimpiadi scacchistiche ufficiali. Inconcepibile, pensava, che l’Ungheria potesse fare a meno di lui. Chiuse a 9 su 12 (+6 =6 -0), 4° posto come 1a scacchiera, guidando la nazionale verso la conquista dellamedaglia d’Oro.
Malgrado questo enorme successo, però, sorprendentemente in “casa Ungheria” l’atmosfera non era serena: un gruppo di giovani giocatori organizzò una sorta di fronda contro Maróczy, affermando che era ormai un giocatore superato, ormai in età avanzata (Maróczy si stava avvicinando alla sessantina) e privo della conoscenza di ciò che gli scacchi erano diventati negli ultimi anni. Capablanca ci ha riportato ciò che il suo amico gli disse a riguardo: la, temo misera, traduzione italiana è mia:
“Questi giovanotti ungheresi non sono niente di speciale. Giocano bene, ma sono perlopiù giocatori di seconda o terza fascia. Non conoscono il gioco vero, il gioco dei grandi Maestri; eppure credono di sapere tutto e dicono di essere più forti di me. Da parte mia, ormai sono vecchio, non ho più l’interesse di una volta per certe cose, ma i loro proclami, le loro pretese, mi hanno infastidito al punto che gli ho detto di essere pronto ad affrontare in un match chiunque di loro.”
Detto, fatto: il “capitano” della fronda era Géza Nagy (classe 1892, Campione Ungherese nel 1924, 2a scacchiera a Londra 1927 con 9 ½ su 14), che raccolse la sfida. Fu demolito: +0 =3 -5. Non sono necessarie ulteriori spiegazioni: per uno scacchista che ha ottenuto il suo miglior risultato forse già nel 1905, “prendere a sculacciate” in questo modo il proprio Campione nazionale 22 anni dopo è un risultato che dimostra l’eccellenza.
Dimostrato ciò che gli premeva dimostrare, Maróczy decise di dare ai giovani lo spazio che chiedevano. E, va loro riconosciuto, non delusero: l’Ungheria bissò l’Oro olimpico a The Haguenel 1928 con proprio Nagy in prima scacchiera e Maróczy assente.
Il “vecchio” ungherese infatti trascorse il periodo dal giugno 1927 al marzo 1928 godendosi la “vecchia”Europa dalla quale mancava da tempo e i suoi posti che gli erano cari. Bad Aussee, che gli ricordava gli anni di giovane studente a Zurigo, Amsterdam, dove viveva il suo amico Euwe, Hastigns,naturalmente, dove aveva vissuto. E altri ancora. Passò quasi un anno girando per l’Europa dandosimultanee, che non erano però solo una scusa per fare del turismo della memoria: esordì a Szeged, sua città natale, contro 81 avversari (+62 =12 -0) e alla fine del tour aveva giocato 943 partite, con il risultato impressionante di +825 =113 -5.

Karlsbad: potete divertirvi a trovarli tutti
Si rituffò nell’arena nel 1929 nel supertorneo di Karlsbad (probabilmente anche grazie alla possibilità di incontrare entrambi i suoi allievi: Euwe e la Menchik erano infatti tra i partecipanti), che chiuse dignitosamente con 10 su 21 in un campo che includeva Nimzowitsh (1° a 15), Capablanca,Spielmann (2°-3°, 14,5), Rubinstein (4°, 13,5), Euwe (5°-8°, 12), Bogoljubov (9°, 11,5), Gruenfelde Tartakower (10°-11°, 10.5), tra gli altri.
Il 1930 vide il suo ritorno olimpico: guidò l’Ungheria in prima scacchiera alla medagliad’argento (per lui +6 = 4 -2), alle spalle della Polonia di Rubinstein. Del 1931 è invece quello che è probabilmente l’aneddoto più famoso su Maróczy: non sono riuscito a scoprire cosa sia successo (se qualcuno ne sa qualcosa lo faccia sapere), ma come fu e come non fu, durante un torneo a Bled qualcosa che fece o disse Nimzowitsh lo offese al punto di sfidare a duello il collega lettone: pistole all’alba.Nimzowitsh rifiutò: non aveva intenzione, disse, di collaborare al proprio assassinio. Non dobbiamo però immaginare Maróczy come una sorta di invasato che giocava tenendo una Walther PPK posata accanto al formulario: secondo Kmoch, l’Ungherese avrebbe trovato difficoltà persino a capire come impugnare una pistola. Il fatto è che, semplicemente, era “prigioniero” di una formazione secondo la quale un duello era l’unica soluzione possibile di fronte ad un grave insulto, poco importava quanto si fosse realmente preparati ad affrontarlo.
Dal 1930, tornando agli scacchi, iniziò a diradare, parliamo di un uomo di 60 anni, le sue partecipazioni, pur restando giocatore attivo. I tornei degli anni ’30 lo videro generalmente piazzarsi nella prima metà dalla classifica, immediatamente alle spalle dei migliori, con qualche acuto (2° dietroColle a Scarborough 1930) e qualche caduta (10° a San Remo sempre nel 1930). Trovò in ogni caso le energie, non sarebbe stato in grado di non trovarle, per rispondere alla chiamata della Patria, giocando in prima scacchiera le Olimpiadi di Folkestone 1933 (suo peggior risultato Olimpico, +1 =3 -2, 5° posto per l’Ungheria) e a quelle non ufficiali di Monaco 1936 (+2 = 8 -1, l’Ungheria chiuderà con un incredibile +20 =0 -0).

+20 = 0 -0: gli autori dell’Impresa
Nel 1935 il suo allievo Euwe, che ormai, beninteso, “camminava da solo” da anni, fu prescelto dal regnante Alekhine per un match mondiale: scelta apparentemente oculata, visto che il campione russo aveva battuto Bogoljubow in due match, e quest’ultimo aveva fatto lo stesso con l’olandese. Ma le cose non andarono esattamente come programmato dal Campione: dopo 50 giorni e 30 partite Max Euwe divenne il 5° Campione del Mondo di scacchi, strappando la corona ad Alekhine con 15.5 a 14.5. In un’intervista del 1978 l’allora Presidente della FIDE disse: “Oltre a Kmoch, che era un esperto nelle aperture, ebbi anche l’aiuto di Maróczy, sopratutto nei finali”. Anche un po’ di Maróczy divenne quindi in qualche modo Campione nel 1935. Due anni dopo, come noto, Alekhine si riprese il Titolo a viva forza con il netto punteggio di +10 =11-4. Ma di sicuro Euwe, con l’aiuto del suo Team (quella del 1935, per inciso, fu la prima sfida mondiale nella quale furono ammessi ufficialmente i secondi nelle analisi durante gli aggiornamenti), aveva realizzato qualcosa di grandioso.

Missione compiuta: Alekhine bacia la moglie durante la premiazione del 1937
A Dresda 1936 Maróczy giunse 3° con 5.5 su 9 alle spalle di Alekhine e Lugwig Engels, fu il torneo che per più di un decennio segnò il suo addio agli scacchi.
Ritornò in Ungheria, probabilmente con l’idea di godersi in pace la vecchiaia. Ma, come tutti gli uomini e le donne della sua generazione, dovette passare attraverso un’altra guerra mondiale. Nel 1945l’Armata Rossa arrivò a ridosso di Budapest ma per Maróczy la “liberazione” arrivò quasi troppo tardi: durante l’assedio fu costretto per settimane in un rifugio sovraffollato e privo di servizi igenici, si ammalò di polmonite e rischio seriamente di morire. Dovette alle costanti cure della moglie (di cui tutto quello che ho potuto trovare è una breve, bella, frase di Kmoch: “sua fedele compagna per cinque decadi, nobile quanto lui, non meno religiosa ma molto più pratica”) se riuscì a riprendersi.
Finita la guerra, realizzò rapidamente che l’Ungheria stato satellite dell’URSS non era più la Nazione nella quale era nato e cresciuto: nel 1946 cercò di raggiungere l’Olanda ma il viaggio si interruppe a Vienna, non so se per motivi finanziari o perché la nascente Guerra Fredda aveva già messo i lucchetti alle frontiere. Riprovò l’anno successivo e questo tentativo riuscì. Tentò quindi di avviare una terza carriera, della quale è registrato unicamente un Torneo a Baarn, che disputò a 77anni, durante il quale pare che disse “Il mondo è andato a rotoli da quando ero giovane. Di questi tempi, quando mi guardo intorno sono felice di stare andando a rotoli anche io”. Finì con il ritornare aBudapest, da dove mantenne corrispondenza con gli amici all’ovest sino alla morte avvenuta il 29 maggio 1951. Nel 1950 era stato nominato Grande Maestro dalla FIDE. Kmoch lo salutò con le parole “Addio Grande Maestro, amico, gentiluomo, cavaliere”.

Che c’entra ora il terribile Viktor?
C’entra perché, per strano che sia, c’è ancora qualcosa da dire sulla carriera di Maróczy: nel 1985Viktor Korchnoi si rivolse al medium, o supposto medium, Robert Rollans per cercare di contattarelo spirito di Capablanca e sfidarlo ad una partita (il terribile Viktor crede al paranormale, alcuni forse ricorderanno come questo gli si ritorse contro durante il match del 1978 contro Karpov). Il grande cubano, apparentemente, non era disponibile (se ci piace, possiamo immaginarlo seduto a giocare contro Alekhine e non intenzionato a muovere un pedone contro chiunque altro per il resto dell’eternità: “Would you like to try one of those new guys instead of me, Géza, my old friend?”) e così Korchnoi si dovette “accontentare” di Maróczy: la sfida durò 7 anni e 8 mesi, condizionata dai diversi impegni del medium e dello svizzero ribelle, nonché da comprensibili problemi a “prendere la linea”. Finì alla 47ma mossa con l’abbandono di Maróczy (o, beh, di chi per lui). Ho esitato un po’, ma alla fine l’ho inclusa nella selezione nel link.
Credo di avervi raccontato tutto.
Ah, già….neanche una parola sul Maróczy Bind…
Bah, quello lo conoscete già tutti

La targa a Piazza Maróczy, Szeged (Fonte: Chessbase)
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