Quando scacchi e vino si incontrano
Questa riflessione nasce da uno scambio di idee avvenuto con Gianfranco Gennaro, fondatore di Awair (società di consulenza di livello internazionale che si occupa di “Talent Management”), il quale con poche parole ha scatenato una catena di pensieri che condivido con il lettore.
Cos’é che si é sempre sviluppata nel tempo evolvendo in più forme che mantengano inalterata una componente essenziale? Lo stupore ed ammirazione di fronte alla bellezza.
L’arte o il bello in generale parlano una lingua propria con un alfabeto univoco che deve essere studiato. L’evoluzione all’interno del bello ci permetterà l’accesso a più stadi di comprensione che riveleranno con ancora più efficacia e stupore la loro grandezza. Quando scopriamo qualcosa di nuovo, la prima sensazione che esprimiamo è la meraviglia, lo stupore, restiamo quindi come i bambini piccoli, impariamo a riconoscere il bello sapendo che ci vuole tempo e pazienza per vivere.
Per confermare quanto espresso finora mi voglio soffermare sull’intreccio fra arte e passione nel mondo degli scacchi e del vino.
Riprendiamo una partita recente, la Karjakin – Caruana del 2012. Sono un “feticista“ degli alfieri e attraverso un paio di diagrammi osserviamone la precisione:
Tutto era già stato assaporato da Fabiano e quando Karjakin gioca 26. g4 ( Fig. 1 ), quello che ne segue é magistrale. Come la mente sia capace di organizzare il pensiero in modo così efficace in una singola disciplina è stupefacente. Questa partita di scacchi é, tuttavia, comprensibile da chiunque abbia messo piede in un circolo di scacchi per qualche mese. Giocare a scacchi é molto difficile, non lasciamoci ingannare dalla nostra conoscenza che, ancorchè effimera per i grandi campioni, ci dà padronanza nel mondo comune. Il mio obiettivo é uno: far sedere allo stesso tavolo più persone possibili. Maggiore sarà la nostra comprensione nel gioco, più efficace sarà il mio messaggio e sarete tutti d’accordo nel confermare come questa partita sia almeno piacevole e meritevole di attenzione.
Proseguiamo con un altro momento chiave:
Il bianco ha appena giocato ( Fig. 2 ) 30. Tg1 dando al nero la possibilità di sacrificare la seconda torre giocando 30. ..Txe3 ! Se l’obiettivo di questo articolo vuole essere la lettura diffusa e quindi rivolto ad un pubblico più ampio, non é ancora il momento di dilungarsi in varianti perché quelle necessitano di conoscenza. Come interessare entrambi i mondi: gli scacchisti e i non scacchisti ? Ci verrà in aiuto il vino quando faremo le stesse analogie di percezione.
Veniamo alla conclusione della partita:
Il bianco abbandona dopo che il nero gioca 36. … Cf8 ( Fig. 3 ). Per un principiante non sarà affatto chiaro il motivo e lo vediamo nei circoli quando insegniamo ai bambini a non abbandonare mai perché l’avversario deve dimostrare di saper vincere. In questa partita il livello è talmente alto che fra di loro i giocatori lo sanno. Ma cosa sanno ? Gli scacchisti hanno sviluppato la capacità di prevedere gli eventi che succederanno sulle 64 caselle. Attraverso delle regole, quindi con un linguaggio comune e universale, la scacchiera e i pezzi posizionati in un preciso modo parlano una lingua comprensibilissima ricca di sfumature complesse. Il privilegio di poter comprendere l’ultimo diagramma non ha prezzo. Immaginiamo di poter padroneggiare con dimestichezza una nuova lingua, come il francese, l’inglese, il russo, il cinese o l’arabo. Un nuovo mondo fatto di comunicazione, relazioni, opportunità, gioie, dolori, sofferenza e sacrificio. Quanta fatica nel comprendere una nuova cultura, diversa, estranea, difficile. La ricompensa viene anche nel poter ridere di uno spettacolo comico, nell’emozionarsi di fronte ad una canzone, nell’amare una donna o un uomo di un’altra cultura. Gli scacchi parlano la loro lingua che ricompensa la nostra mente con un potere incredibile. Facendo una piccola digressione mitologica, possiamo dire che gli scacchisti hanno ben incarnato il mito di Prometeo. L’uomo nasce per mano sua, modellato dal fango ed animato dal fuoco divino, riceve in dono l’intelligenza e la capacità di prevedere, oltre che la memoria. Tutte qualità che attraverso il gioco degli scacchi si affinano e si evolvono. Il giocatore ha quindi una percezione della realtà che lo circonda diversa, parla una lingua in più ed ha accesso ad informazioni che altri non hanno. Ci basta applicare le stesse regole, lo stesso rigore, la stessa dedizione e lo stesso sacrificio in un’altra disciplina per vedere come questa lingua universale sia “episteme”.
Negli scacchi spesso l’eccitazione si é trasferita dall’estetica, che è esterna, visiva, uditiva, alla comprensione che è un puro processo mentale quindi interno. Non c’è modo di mostrare la nostra conoscenza a qualcuno senza fare qualcosa, sia esso suonare, dipingere, giocare a scacchi, quindi il primo impatto sarà sempre estetico. La comprensione tuttavia é un processo interno, silenzioso o involontario. Di fronte ad un dipinto gli occhi aperti saranno in grado di percepire la tela anche contro la nostra volontà, per il suono é la stessa cosa.
Purtroppo non é la stessa cosa per gli scacchi, anche se inconsciamente cerchiamo anche il bello estetico. Ci piace giocare su una bella scacchiera, ci emoziona giocare su una scacchiera importante e quando siamo seduti a Mosca sulla stessa scacchiera di Karpov e Kasparov non possiamo non provare commozione.
Che emozioni gli scacchi!
Come collegare tutto questo al mondo del vino?
Per farlo ho bisogno di cambiare dizionario e lingua, perchè se gli scacchi ne parlano una meravigliosa muta, la lingua del vino ha un’ espressione estetica percepibile da ben tre sensi che sono i primi canali della veicolazione del piacere. Questo é principalmente il motivo per cui al mondo, ogni giorno, ci sono più bottiglie di vino bevute che partite giocate a scacchi.
Una ricordo molto vivo per me é un giorno del passato agosto trascorso in compagnia di Gerard Gauby, visionario del mondo della viticultura, a Calce nel Roussilion nella Francia profonda, non lontana dalla Spagna, visibile in una giornata serena. Quest’uomo é riuscito a creare un micro-ecosistema che si autoalimenta e si protegge autonomamente. Anche dove acqua non c’é. Visitare le sue vigne e vedere tanta terra bruciata giusto di fianco é stato emozionante dal punto di vista educativo. Gerard gestisce la sua vigna con il solo aiuto della natura, ha piantato una foresta intera che si preoccupa di proteggere le vigne dal vento, dal sole. Piante da frutto specifiche che attirano gli insetti e li tengono lontani dalla vigna. Canali di drenaggio fatti dal pioppo che funzionano molto meglio di qualsiasi lavoro dell’uomo. Il suo vino è una poesia nella perfezione che raggiunge in un territorio estremo come quello. Una frase lo identifica: “se non vedo il fondo del bicchiere non mi piace”. La Muntada è un vino che spero ogni donna ed ogni uomo possano bere almeno una volta nella vita per la grandiosità che ha raggiunto. Una profondità negli aromi e una qualità infinita nei profumi percepibili sia al naso che in bocca. Un attacco fresco, una lunghezza infinita per quello che è uno dei vini più importanti prodotti in Francia e nel mondo. Un vero privilegio condividere la sua storia nel rispetto della natura e del prossimo perché è giusto anche se meno profittevole. Una scelta di vita di tante persone e di tante grandi piccole cantine in Italia. Mi piace, inoltre, parlare di Alessandro Viola, un uomo vero ad Alcamo, in Sicilia che, come Gerard, ama la natura che lo circonda. Due nomi meno conosciuti fra i più grandi, ma che di grande hanno un vino meraviglioso.
Che emozione il vino!
Queste due passioni mi accompagnano da tanti anni e queste emozioni hanno generato una delle più forti esperienze che abbia mai vissuto finora. Grazie ad Andrey Filatov, proprietario di Art Russe e a Natalia Vremea, export manager, con cui condivido un’esperienza professionale sul vino, ho potuto giocare a Berlino durante il torneo dei candidati al campionato del mondo di scacchi.
Mi sono seduto sulle stesse sedie dei grandi campioni, assaporando le stesse emozioni di condividere un luogo importante dal punto di vista emotivo che è inarrivabile dal punto di vista tecnico. Il vino mi ha ricondotto prepotentemente verso la mia passione di bambino, quella in cui le ore spese a studiare scacchi con Andrea e Francesco La Manna e Mauro Boffa hanno arricchito la mia esistenza dandomi accesso ad una vita piena. Tutto questo è sempre stato alimentato dal desiderio. Quell’energia, quel combustibile necessario della passione che ci spinge a volerne sapere sempre di più. Sono certo che questo sia l’alimento principale di ogni successo.
Si apre un piacevole capitolo e dibattito sul desiderio, che eventualmente verrà condiviso con il lettore in futuro.
16 settembre 2019 - 12:52
Per prima cosa è un piacere poter dare il benvenuto in redazione ad Andrea (il quale, come gli sarà stato sicuramente spiegato, come ultimo arrivato ha il compito di preparare il caffè per tutti 😉 )
Fatti i saluti, devo dire che dal titolo mi aspettavo un che di più frivolo!
Mi è impossibile non concordare su molti degli aspetti citati, anche se in quest’occasione mancano quantomeno accenni a quanto gli scacchi “siano una cosa brutta”. Intesi come sport il cui scopo non è, errore comune, dare scacco matto bensì accartocciare l’Ego dell’avversario. Lo sport più violento del mondo, usando una citazione abusatissima.
Per me la bellezza degli scacchi è la loro ostinazione. Ogni giorno vengono giocate vagonate di partite che per le prime 5-10-15-20 mosse sono le stesse già giocate magari nell’800. Ma noi ci ostiniamo a prendere una posizione ordinata ai suoi posti di partenza, scatenare un caos (allo stato non risolvibile né da Carlsen né da AlphaZero) per poi cercare una strada che riporti la chiarezza. Il matto. C’è per me qualcosa di meraviglioso in questo insistere senza senso.
Riguardo al vino purtroppo non posso dire nulla: noto l’amore che traspare da quanto scritto, ma io riesco a dividere il mondo delle bevande unicamente in potabili – non potabili!
In chiusura: quanto ho rosicato vedendo la foto al tavolo K-K 🙂
16 settembre 2019 - 18:03
Gradevole passeggiata nel mondo del bello ( e buono ).
Confesso che l’audace accostamento tra le sensazioni ottenibili giocando a scacchi o degustando un nobile vino è difficile da cogliere anche per me che amo entrambe le cose.
Ho una domanda che potrebbe aprire nuovi orizzonti all’autore :
se il vino può essere opera d’arte, e spesso lo è, l’accostamento con l’aspetto artistico degli scacchi non può ignorare la composizione scacchistica, con gli studi artistici in prima linea.
Non averli nominati è intenzionale o è solo una dimenticanza ?
( imperdonabile ? qualunque sia la risposta ?)
16 settembre 2019 - 18:29
Ho sempre costeggiato con piacere entrambi i mondi, gli scacchi e il vino, tuttavia con momenti molto lontani dall’evidente bellezza di quelli che ci hai raccontato. Mai stato al circolo di Mosca o al torneo dei candidati, mai assaggiati e mai sentiti nominare i vini del Domaine Gauby (appena cercati in rete), che sembrano promettere straordinarie esperienze che dubito mi riuscirà di provare. Con il Bianco d’Alcamo ho una lunga frequentazione ma non credo di aver mai bevuto un vino prodotto dalla Cantina Aldo Viola. Quando ho cercato di capire qualcosa del mondo del vino, fermandomi ai primi rudimenti, ho compreso in breve tempo quanto le aziende produttrici fossero enormemente più rilevanti del “nome”. E nonostante qualche buon Brunello o Barolo nulla eguaglia il magnifico Barbera appena spillato dalla botte che ho bevuto nella cantina del padre di un collega dell’epoca.
La partita cui accenni è probabilmente la più bella mai giocata da Fabiano, una perla meravigliosa, ma qui è vero che il senso di bellezza richiede la comprensione del linguaggio scacchistico. Nonostante vista, olfatto e gusto sembrino garantire accesso ad un buon vino anche qui la crescente capacità di percezione fruisce moltissimo delle progressive esperienze personali, di un affinamento dei propri sensi.
Sulla percezione della bellezza un piccolo episodio: come molti sapranno, Jane Goodall ha trascorso decenni con gli scimpanzé di Gombe, una lenta frequentazione per farsi accettare e seguirli quotidianamente, a lungo da sola o quasi, pian piano con grandi progetti sorti dal suo lavoro. In uno dei suoi libri (il secondo, “Il popolo degli scimpanzé”) racconta di una occasione in cui vide lo scimpanzé che stava seguendo fermarsi ad osservare un magnifico tramonto, un tripudio di colori. Lo scimpanzé restò fermo a guardare per una quindicina di minuti!
Pezzo che mi lascia una splendida sensazione, che faccio fatica a delineare, un chiacchierare piacevolissimo che nel percepire la bellezza la trasmette. Bravo davvero e grazie!
16 settembre 2019 - 19:57
Ale, mi va bene pagare il caffè, mi poteva andare molto peggio.
Vi ringrazio per il commento che è incredibilmente positivo.
L’obiettivo vuole essere proprio quello di stimolare alla riflessione. Gli scacchi e la gastronomia parlano una lingua buia, che si rileva dopo enorme studio.
Mancano tante cose, come è normale che sia.
Difatti questa è solo una storia, fra tante, che possono essere raccontate. Il desiderio altro non è quel motore che ci spinge
16 settembre 2019 - 20:05
a migliorare e a volerne sapere di più.
Il perché invece varia da persona a persona.
Non ho mai giocato a scacchi con l’obiettivo di triturare mentalmente l’avversario per sopraffarlo ed affermare la mia superiorità.
A 2000 fide sono talmente tanti quelli che possono torturarmi giocando che è difficile immaginare uno scenario dove io possa sovrastare l’avversario.
Il discorso è comunque aperto. Questo articolo è solo il primo di una serie che potrà essere pubblicata nel tempo.
Immaginatevi che la base di partenza contava più di 10 pagine. Di spunti di riflessione ce ne sono molteplici.
Sarà un piacere condividerli se c’è interesse.
16 settembre 2019 - 21:07
Tutto ciò che alza il livello tecnico o culturale, a mio vedere è il benvenuto.
Non mi preoccuperei invece della quantità di interessati.
Di contenuti nazional-popolari siamo già sazi e c’è ampia concorrenza.
16 settembre 2019 - 21:35
Mario,
Hai colto nel segno con il tuo commento.
17 settembre 2019 - 07:25
La bellezza degli scacchi in un bel libro.
https://www.qualitychess.co.uk/products/2/333/practical_chess_beauty_hardcover_by_yochanan_afek/
17 settembre 2019 - 10:20
Sensazioni da uno studio come una delle migliori bottiglie ?
Proviamo :
Bianco: Rc2-Ta1-Ae3-Af3
Nero: Rf8-Tb7-Tg3
1.Ac5 Te7
2.Tf1 Tgg7
3.Ad5 Re8
4.Ac6 Rd8
5.Ab6 Tc7
6.Th1!! Tgd7
7.Te1! Rc8
8.Axc7 Txc7
9.Te8 matto
Nikolay Ryabinin 1990
?
18 settembre 2019 - 00:54
Piacevole riflessione su mondi di cui, purtroppo, sono un totale novizio.
Posso solo notare un’affinità, sia pur superficiale, fra scacchi e vino, nel ricordarci entrambi un mondo in cui il legno e non la plastica era il materiale per eccellenza. Il piacere di muovere e giocherellare con pezzi di legno su una scacchiera del medesimo materiale, e il rumore delle figure appoggiate su nuove caselle, danno sensazioni assai diverse dal trascinare puntini colorati col mouse. E anche la raffinata scacchiera della sfida dei due K esprime una ben più potente “aura” rispetto ai vari visori di Chessbase con cui possiamo rigiocare le partite dei due titani.
Anche nella nostra epoca dominata dalle immagini, il piacere estetico di prodotti materiali ben fatti, siano essi pensati per essere manipolati oppure bevuti, è ancora ben vivo e presente.
Sul piacere estetico mentale che deriva dalla comprensione profonda di una partita devo ahimé alzare bandiera bianca. Il mio talento ma soprattutto il mio poco impegno mi costrige ad apprezzare solo gli aspetti più superficiali del gioco, o al più mi permette di stupirmi a posteriori, quando il solito motore mostra in modo esplicito la raffinata combinazione “sottintesa” che ha deciso una partita di vertica. Del resto il Grande Maestro Gregory Serper, nel suo articolo intitolato “Why Study Chess?”, dichiara che già solo l’apprezzamento estetico per le combinazioni avanzate è un motivo sufficiente per intrapredere lo studio degli scacchi anche per chi non ha intenzione di diventare professionista.
18 settembre 2019 - 10:31
You don’t study poetry because it’s cute !
Questa è una delle frasi più belle dell’attimo fuggente.
Tutto ciò che tocca l’estetica ha un valore particolare. La poesia è molto vicina alla complessità che avvolge gli scacchi.
Senza immaginazione, astrazione, emotività, studio, amore per la natura è gli altri, cultura e soprattutto una montagna di tempo non è possibile capire cosa ci fa la luna in cielo per Leopardi.
La luna in cielo ha una spiegazione fisica, astronomica, matematica, quindi razionale, come gli scacchi e il vino hanno bisogno di chimica, matematica e calcolo preciso.
C’è una forte componente estetica dietro gli scacchi e il vino.
Nel tempo condividerò con voi riflessioni, pensieri raccontandovi storie che si intrecciano nel tempo.
L’uomo ha bisogno del “ bello “ nella sua vita che deve essere accessibile a tutti.
Grazie per i vostri feedback positivi che sono uno stimolo ad approfondire l’estetica nel nostro gioco.
24 settembre 2019 - 10:09
sinceramente l’unica attinenza che posso riscontrare tra scacchi e vino è che entrambi danno assuefazione. però l’assuefazione agli scacchi è quasi sempre positiva ,mentre il buon vino è solo ed esclusivamente un veleno per l’organismo a prescindere dalle dosi dalla qualità e dal senso estetico per il bello che può suscitare.
24 settembre 2019 - 15:48
Quindi la presunta assuefazione agli scacchi compenserebbe gli effetti negativi e terribilmente velenosi del vino…..a prescindere.
?
24 settembre 2019 - 18:14
Mario, lascia perdere, uno che definisce “esclusivamente veleno” il “buon vino” (parole sue), o è un troll o ignora i consigli di qualsiasi medico e nutrizionista dato che è palese che un bicchierino a pasto, con moderazione, porta parecchi effetti benefici all’organismo
24 settembre 2019 - 17:00
non mi sembra che sia presunta , basta vincere qualche partita che la dipendenza è assicurata e solo batoste continue e umilianti possono risanare. poi sfortunatamente con l’avvento di internet le cose sono peggiorate non si ha più davanti la faccia truce di un indemoniato avversario ,ma una scacchiera virtuale e l’esistenza di fortissimi programmi scacchistici offrono un comodissimo alibi in caso di sconfitta ! caxxo quello giocava troppo bene è evidente che usava fritz! quanto al vino non è il solo veleno in circolazione assai invitante e non solo per noi diabetici ma anche per coloro che aspirano a diventarlo. a prescindere.
26 settembre 2019 - 11:29
Va bene così, quando la loro qualità è alta a me piacciono entrambi i veleni ?
26 settembre 2019 - 21:43
Io ci aggiungerei anche un terzo veleno ???
28 settembre 2019 - 15:12
Marcone 8, l’abuso di qualsiasi sostanza fa male.
Anche correre 15 km al giorno tutti i giorni non é salutare per il corpo.
Bere 10 litri di acqua neppure, mangiare solo verdura nemmeno.
La diceria che un bicchiere di vino rosso al giorno fa bene, ha dei risvolti chimici e biologici.
L’acqua che beviamo ogni giorno dal rubinetto di casa può contenere delle tracce di ferro elevate che a lungo andare possono creare degli scompensi biologici.
Il vino rosso ha proprietà antiossidanti perché gli antociani, ovvero gli agenti coloranti naturali, hanno queste caratteristiche in natura.
Aiutano l’organismo quindi a smaltire il ferro in eccesso che inconsapevolmente possiamo ingerire attraverso la non velenosa acqua.
Tutto quello che provoca del piacere nella vita molto spesso é illegale, proibito, tabù e spesso incompreso.
Ti ringrazio del commento, e soprattutto del tempo che hai speso nella lettura.
Vincere a scacchi rilascia dopamina, non è veleno.
30 settembre 2019 - 11:25
egregio Andrea,sono io che ringrazio te per la cortese risposta. purtroppo io devo avercela col vino essendo afflitto da diabete , sfortunatamente è come un ottima fetta di torta , mangiata ogni tanto non fà male neanche ad un diabetico, il fatto è che poi è difficile resistere a quei sapori e l’ogni tanto finisce per diventare di frequente! comunque terrò in considerazione quello che mi dici sul ferro e le proprietà antiossidanti del vino.per quanto riguarda la dopamina dopo una vittoria concordo, ma cosa scatena la depressione dopo una sconfitta? io oramai gioco a scacchi solo su chess com sui dieci minuti ,non sono mai stato un vero scacchista anche se me la cavicchio ,viaggio sui 1800 scarsi ma se gioco con un prima nazionale fresco e giovane mi fà nero! a 65 anni non si può certo migliorare in questo gioco e per contrastare l’evidente ristagno nelle posizioni acquisite ogni tanto cambio account e ricomincio affrontando neofiti e giocatori più schiappa di me con alte dosi di dopamina! mi scuso per le mie provocazioni ma sono nato bastian contrario e il fatto di non averti eccessivamente irritato mi fà piacere. ciao.
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