Il non-classificato e i finali: amore a prima (s)vista
L’articolo di oggi tratta dei finali.
Tratta, più esplicitamente, di come un NC deve trattare i finali.
Postilla di chiarimento. Il finale, per gli NC che non lo sapessero, è quella roba noiosa in cui si muovono i pezzi avanti e indietro a casaccio finché uno non commette un errore – di solito, io – e perde. L’unico momento in cui un NC si può divertire in un finale corrisponde, essenzialmente, a quello della posizione qui evidenziata (consiglio l’NC, per la difficoltà di visualizzazione, di replicarla sulla scacchiera che tiene in tasca):
Re bianco in b1
Re nero in b3
pedone bianco in h2.
Qui l’NC, che sogna di avere una posizione del genere contro Godena (chiaramente giocando dalla parte del bianco), sfodererà la propria analisi casalinga, brillantissima.
1.h4!! (altre mosse non vincono. Vd. 1.h3?! per perdere un tempo, visto che ogni tanto è opportuno farlo; 1. ..Rc4!! l’avversario è astuto come una volpe del Bengala. 2.Rc2! prendendo l’opposizione; 2. ..Rd4! l’avversario senza tergiversare si lancia sulla preda, senza tema e senza paura, sfidando i venti e le avversità. A nulla varrebbe la triangolazione perfida che inizia con 2. ..Rc5?! e conclude con 3. ..Rb4?! per via della caimana h4!!, suggerita anche da Rybka 3, che vince).
Detto di questo finale, passiamo a qualcosa di più sostanzioso tratto dal Manuale del perfetto finalista di Porpora.
Fuori dall’ironia, questo finale mi insegnò due concetti di cui avevo già sentito vociferare e che pensavo fossero i soliti ragionamenti capziosi del GM. Ma ne parlerò a fine pezzo.
Ecco il diagramma (io ho il Bianco), ed ecco il mio pensiero.
Il Nero, detto per inciso, ha appena mosso il proprio alfiere in c7, e, particolare da non sottovalutare, siamo alla 39esima mossa.
«Bene. Bene bene bene. Bene bene bene bene bene. Ho passato la burrasca; adesso siamo in vantaggio. Come rendere il vantaggio definitivo – ossia: come dargli il matto? Fingiamo che sia un diagramma di Polgar e che ci sia scritto Matto in 10; come risolvere?
Calma. Stai bene ma non è finita. Toh! C’è Gianni che ha portato Ester. Ora gli mostro come il buon Ivano sa giocare i finali. Ecco il piano! Do scacco di cavallo e lui si slancia sul pedone con irruenza. Io lo spingo, lui lo mangia, io gli do un doppio di cavallo e l’alfiere salta. E a quel punto può abbandonare!».
Errore di calcolo. Grave ma non definitivo.
La partita prosegue così:
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g6 Re6
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Cd4+ Rf6
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g7!
Mossa che non stende l’avversario solo perché non ho capito il senso della posizione, ancora. Anche perché l’avversario, giustamente, piazza il suo re in 42. ..Rf7, mossa ovvia (42. ..Rxg7? 43. Ce6+ attacco doppio che decide).
Andiamo avanti coi pensieri.
«Ok. Certe bufale le facevo quando ero NC. Ora che sono 1a assolutamente no! Eh eh… Cosa si mangia dopo? Mi viene un certo languorino, dopo aver mangiato scacchisti a destra e a manca… Ah ah! Come sono divertente! Guarda babbo Codenotti che è venuto a vedere il finale. Sembra preoccupato. Strano… Non lo sono io, figuriamoci lui. Chissà cosa sta facendo Marco. Ivano! Concentriamoci. Ok. Adesso bisogna ricordarsi cosa si muove in un finale di tre pedoni contro due. Era il pedone a… Aspetta. Mettiamoci a cercare il matto. Dunque. La risposta giusta, quella da punto esclamativo, non può che essere qui. Se muovo c6.. Ecco! Se muovo c6 lui non può prendere perché scatta la fainesca b6! che chiude i conti: lui prende con il pedone a, perché se sposta l’alfiere in b8 c’è Cxc6 che fa saltare il banco, e vince».
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c6?!
(Vinceva 43. b6! ab 44. cb Ah2 45. Ce6! che mette in Zugzwang l’avversario e minaccia Cd8+ con presa del pedone in b7 e facile vittoria)
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..cb
e qui mi accorgo che sulla spavalda b6 c’è Axb6! che patta subito.
Mi metto a pensare, ora. Ecco i miei pensieri.
«***** (censura, ma sono cinque lettere ripetute all’ostinazione). È patta. È patta patta patta. Aspetta. Niente panico: calcoliamo. Se prendo col pedone b lui tiene la posizione come un fachiro sul letto di chiodi. Allora calcoliamo. Prendo di cavallo, lui prende il pedone g che è quello avanzato ed è patta perché se spingo il pedone a lui mette il suo alfiere in b6 e chi lo toglie più da lì. E se invece spingo il pedone b prende di alfiere, e ti saluto… Niente. Finita. Proviamo se ci casca».
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Cxc6 Rxg7
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b6?? Axb6=
e i due contendenti si accordano per la patta.
Dicevo che questo finale mi ha insegnato due cosucce.
Primo. In sede di analisi con Marco Codenotti, il mio avversario e un giocatore di cui non conosco il nome, abbiamo convenuto che teneva il vantaggio 43. a6: in questo modo, dopo il cambio, si tiene un pedone avanzato e lontano dal Re avversario. Secondo. A casa scopro che al posto della mossa da disperato 45. b6?? bastava 45. a6.
In questo caso il pedone a non è in presa e, soprattutto, il giocatore, ossia io, avrebbe dimostrato di aver capito qual era la casa critica. Dopo 45. a6 Ab6 45. Ce5! il giocatore nostro avrebbe dimostrato di aver capito che quell’alfiere lì si trova un po’ scomodo. 46. ..Rf6? non si può giocare per via del doppio in d7; su 46. ..e3 vince 47. Cc4 che prende di mira l’alfiere. Se questo si allontana sulla diagonale g1-a7 si può proseguire con 48. b6! che vince subito, lasciando correre il pedone a. Se invece l’alfiere sceglie la diagonale corta con Ac7 la risposta è sempre 48. b6! che ripropone l’interrogativo. Nessuna delle due prese è possibile; su 48. ..Ab8 vince 49. Ce5! che prende di mira la casa c6 e chiude i conti.
Ed ecco i due concetti che tu, o NC supremo, devi dimostrare per restare al mio grado di inettitudine di non capire. Il primo è il concetto di Zugzwang. Al di là delle analisi per vincere bastava capire che l’alfiere non poteva allontanarsi dalla sua posizione, per via della promozione del pedone a, né il Re dalla sua. Questo si chiama Zugzwang, che è un nome ostrogoto che significa Vorrei passare la mossa, ma non posso. Questo vuol dire che esiste un obbligo di muovere che avrebbe fatto crollare il castello di carte del Nero come Fidippide dopo la corsa di Maratona.
Il secondo concetto è quello della fretta. Ho pensato mille volte «Esisterà bene un matto in tre, porco cane!» perché toccato dalla fretta di vincere. E ho scoperto, qui per la prima volta nella mia carriera di scacchista, che nei finali non bisogna avere fretta. Non ero in Zeitnot: questo mi avrebbe permesso di salire col Re, mangiare quel pedone in e che – ci credereste??? – mi preoccupava per un’eventuale promozione, portarmi placidamente verso l’alfiere, mangiare tutto e sorseggiarmi un caffè.
Ne uccide più la… fretta che la spada.
Eccotene la dimostrazione.
A presto!