La regina degli scacchi: altre due HM!
Completiamo la panoramica delle 5 menzioni onorevoli scelte dalla redazione (come già detto, non in ordine di classifica).
Qui l’articolo con le altre già pubblicate. A breve l’appuntamento con la recensione vincitrice!
Recensione di Giacomo Lorenzetti
Reti
- Cf3!
”Una giocata eccellente! Di regola, un giovane nemmeno si sogna di pensare che una partita possa cominciare in questo modo!” (V. Korchnoj, commentando la mossa d’esordio che gli riservò Smyslov nel XX campionato sovietico)
Beth Harmon non è però una giovane come le altre, e lo mostra sin dalla prima mossa al locale maestro di circolo. Il suo incontro con le 64 caselle è però avvenuto in clandestinità, nel buio di uno scantinato. La scoperta del suo talento passa quindi in secondo piano rispetto alla violazione delle regole, condannandola a una prigionia di altri sei anni. In questa cattività possiamo immaginarcela come una novella “dottoressa B.”, ma confortata dalle benzodiazepine.
A quindici anni comincia una seconda vita, che le porta una nuova madre e molti amici incantati dal suo talento. La madre adottiva è probabilmente il personaggio meglio tratteggiato della serie, sia dal lato personale, con i suoi tormenti e le sue delusioni, che dal lato “scacchistico”. Rappresenta infatti l’archetipo del genitore-accompagnatore, spesso digiuno del gioco, ma colmo di orgoglio per le abilità del figlio. Notevoli le scene in cui legge ad alta voce in pubblico degli articoli di giornale, o quella in cui si fa commentare in diretta la partita della figlia. Nella serie si citano molti scacchisti del passato, spesso nomi poco noti al pubblico come Koltanovskij e Bogolijubov. Specialmente il secondo viene preso di mira dalla giovane, colpevole, secondo lei, di essere troppo teorico e di lasciare poco spazio all’immaginazione, al contrario del suo idolo Capablanca. Nonostante questa opinione, la sua preparazione è spesso composta da studi teorici, come ad esempio un manuale sulle strutture pedonali, e poco di esercizio pratico. Le lampo, onnipresenti nella vita di qualunque giovane giocatore, compaiono infatti tardi nella sua vita, e le procurano una cocente umiliazione.
Se i comprimari sono ben caratterizzati, altrettanto non si può dire della protagonista, e non per la fulminea carriera tipica degli eroi americani, alla quale ormai abbiamo fatto il callo, quanto per un certo bipolarismo nei comportamenti, che non riesce a trasmettere allo spettatore né il fascino né l’orrore della follia. Sembra quasi che il colpo sia rimasto in canna agli sceneggiatori, che peraltro non sembrano brillare di fantasia, visto che ripropongono il solito (pre-)finale sdolcinato che tanto faceva arrabbiare registi come Lang, ma rifiutano di mostrare la “cattività Zweighiana” di quei sei anni.
(Giacomo Lorenzetti)

Recensione di Virginia La Monaca
“La Regina degli Scacchi” – “The Queen’s Gambit”
La mini-serie Netflix segue la crescita, non solo fisica ma anche professionale, di una giovane, prodigio degli scacchi: Beth Harmon, personaggio di fantasia, nato nel 1983 dalla penna di Walter Tevis. Il titolo originale della serie, come quello del romanzo, si riferisce ad un’apertura scacchistica: il “Gambetto di Donna”.
Appena compiuti i 9 anni Beth perde la madre in un incidente automobilistico. Viene subito portata in un orfanotrofio, luogo in cui scopre il valore dell’amicizia, subisce la somministrazione di tranquillanti e resta affascinata, grazie al signor Shaibel (custode dell’orfanotrofio) dal gioco degli scacchi. A 13 anni viene adottata da una coppia di Lexington (Kentucky, USA). Poco dopo il padre adottivo se ne andrà lasciando la giovane Harmon sola con la madre, con la quale costruirà un legame fortissimo, fatto di rispetto reciproco, affetto e supporto. Beth è una forte giocatrice e si iscrive a molti tornei di scacchi, vincendo il campionato statale. Ma ha un sogno: sconfiggere a Mosca il campione del mondo, il russo Vasily Borgov.
La serie è stata acclamata dalla critica ed è molto apprezzata anche da chi non conosce nel dettaglio il gioco degli scacchi, che è descritto in ogni particolare. Gli appassionati del gioco, tuttavia, non ne rimangono delusi, poiché tutte le partite giocate dalla protagonista corrispondono a reali match disputati tra campioni nel corso del ‘900. Bruce Pandolfini (noto allenatore) e il pluricampione del mondo Garry Kasparov sono stati i consulenti per tutte le partite inscenate nella serie.
Ogni scenografia, progettata da Uli Hanisch (scenografo della serie tedesca “Babylon Berlin”), mostra elementi scacchistici, o motivi a quadri. Tutte le pareti della casa di Beth sono ricoperte da carta da parati tartan, che ricrea dei quadrati dai colori inversi. Molte pavimentazioni sono formate da mattonelle a scacchi. Sedie, cuscini, mobili, riprendono tutti il medesimo motivo bianco e nero invertito. Anche i costumi della protagonista sono celebrativi del gioco: molti abiti, perfettamente in linea con lo stile anni ’60, sono o bianchi o neri, spesso a quadrettoni, e delle volte addirittura ricreano la forma di un pezzo. Nel finale, ad esempio, Beth è completamente vestita di bianco, con un cappello che ricorda il pomello sulla corona della Regina – proprio perché Beth Harmon diventerà la “regina” degli scacchi. Se Beth rappresenta la regina bianca, Jolene (la sua più grande amica) è la regina nera. Questo non solo per un fattore fisiologico o di carnagione, ma soprattutto per la differenza di carattere tra i due personaggi. Entrambe difatti sono l’una l’opposto dell’altra e si compensano a vicenda, formando un legame molto speciale, quasi fraterno. Ottima l’idea di nominare ogni episodio con un termine scacchistico, come se l’intera mini-serie fosse una partita tra spettatore e personaggi.
“La regina degli scacchi” non mostra solo la storia di una giocatrice di scacchi; mostra come poter superare le sfide della vita. L’ambizione, la tenacia, l’iniziale condizione di solitudine, l’amicizia, la liberazione da ciò che può far male. Il gioco degli scacchi è un mezzo per poter raccontare la vita e il mondo interiore di ciascuno in cui ci si sente al sicuro.
“È un intero mondo in sole 64 caselle”. – Beth Harmon, ep. 3 “Pedoni doppiati”
(Virginia La Monaca)

Per le immagini credit Netflix




2 dicembre 2020 - 08:44
Concisa ed efficace la recensione di Giacomo, incredibilmente accattivante quella di Virginia.
Mi sono piaciute entrambe soprattutto per l’originalità nel menzionare la figura della madre nella prima e l’amica nella seconda.
Bellissime idee ben sviluppate che lasciano il segno ed il ricordo !
Che dire, a questo punto l’attesa per la vincitrice cresce !
2 dicembre 2020 - 10:14
Bogoliubov GM dal 1951 disse una volta: ” vinco con il bianco perchè sono il bianco, vinco con il nero perchè sono Bogoliubov!” oppure disse” in questo torneo ho un grande vantaggio, sono l’unico a non dover giocare con Bogoliubov!”.
Anch’esse lette con piacere. Saluti
2 dicembre 2020 - 17:16
Proprio nel 2020 hanno pubblicato un libro su Bogoliubov
https://www.scacco.it/it/novita-scacchi/the-creative-power-of-bogoljubov-volume-i-pawn-play-sacrifices-restriction-and-more
alla fine anche per lui un po’ di lustro e memorie.
2 dicembre 2020 - 17:41
Molto originale e completa la recensione di Virginia La Monaca. Offre un punto di vista più tecnico sul lato cinematografico e scenografico, pur non tralasciando le considerazioni sul “nobil giuoco”, mezzo di riscatto per la protagonista e teatro delle vite dei co-protagonisti. Molto equilibrato il modo in cui Virginia racconta ad un potenziale spettatore i vari aspetti chiave della mini-serie. Ben fatto!
2 dicembre 2020 - 18:02
Grazie mille Andrea Loi per i complimenti!
Ringrazio molto anche Cercamon per aver apprezzato la recensione!
Sono curiosa di scoprire la recensione vincitrice!
3 dicembre 2020 - 20:57
Bellissime tutte e 5 le recensioni che hanno colto la ricchezza di questa serie in tutti i suoi aspetti (non solo scacchistici). Sono curioso anch’io di leggere la recensione finale per sentire la frase: “… and the winner is…”!
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